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sabato 29 aprile 2017

Sono passati SEI anni


Sono passati sei anni dal mio primo viaggio in India, dal mio primo approccio all'Ayurveda, dal mio primo post sul blog. In questi sei anni non ho mai smesso di fare il panchakarma, regolarmente, due volte l'anno per almeno 21 giorni. (Ho invece smesso di scrivere sul blog ...)
Vi sembra una follia? A me si.
Sono stupita di come sia potuto passare così tanto tempo, sono stupita di come io non abbia smesso di venire a Delhi, io che mi annoio subito quando capisco come funziona una cosa, una situazione, un posto...
A volte ci sono venuta per disperazione, a volte con gioia, a volte ho sentito un po' di solitudine, una volta sola freddo, tutte le altre volte mi sono sentita a casa. Sono cresciuta, ho studiato, letto, discusso, imparato, praticato.
Quello che imparo qui mi serve nella vita di tutti i giorni, capisco perché certe cose accadono, so come affrontare le situazioni difficili, so come gestire lo stress, so come tornare in equilibrio.

L'equilibrio.... un concetto fondamentale per la vita.
L'equilibrio lo perdiamo e lo ritroviamo in continuazione, il nostro corpo si adatta ad ogni nostra azione per mantenere il più possibile l'equilibrio. Immaginiamo un bambino che muove i suoi primi passi, è instabile, insicuro, alza il piedino e sembra che possa cadere... poi magicamente lo appoggia ed è di nuovo in perfetto equilibrio. Questa cosa ci accade in ogni momento della vita: mangiamo e l'organismo perde l'equilibrio e lo ritrova, ci arrabbiamo e ci calmiamo, ci ammaliamo e guariamo, ci stanchiamo e ci ricarichiamo...
Il problema dell'equilibrio,... lo so, a nessuno sembra un problema, perché il nostro corpo, molto più saggio della nostra mente, sa come affrontare perfettamente le cose, ma il modo di vivere moderno ci porta inevitabilmente, inesorabilmente a squilibrare la nostra vita e ad un certo punto ci troviamo immersi nei problemi, in situazioni difficili da affrontare, siamo pessimisti, arrabbiati, stanchi , depressi.... cosa ci è successo?? La nostra mente non se lo spiega e va a cercare all'esterno spiegazioni..." il datore di lavoro e uno stronz...",  le persone che ci stanno intorno non sono d'ausilio, è colpa di tizio che ci fa innervosire, è la società moderna, è mio marito che... mia moglie che...
Sembra proprio che il mondo sia contro di noi e non ci possiamo fare niente.
La buona notizia è che quello scenario drammatico che dipingiamo non è reale, abbiamo solo perso l'equilibrio e questo ci porta ad una serie interminabile di cadute, una dopo l'altra, proprio come quel bambino che imparando a camminare, cade.

Il casino vero è non esserne consapevoli.
Senza consapevolezza non c'è via d'uscita.
Per questo conoscere l'Ayurveda é determinante. L'Ayurveda non é solo un sistema di medicina é : conoscienza della vita , ovvero un'analisi complessa su come sono costruiti gli equilibri della vita e su come fare a mantenerli. Quando sei in equilibrio la vita ti sorride, trovi naturalmente le risposte alle tue domande, se ti fanno arrabbiare non te la prendi, sei positivo, sereno, felice...

Ecco perché torno da sei anni qui, due volte l'anno.
Può capitare che un evento traumatico crei una situazione disarmonica, l'inconsapevolezza poi fa il resto innescando un disequilibrio permanente. L'organismo messo a dura prova giorno dopo giorno, col tempo si ammala e ritrovare l'armonia diventa sempre più complicato.
Qui ho trovato qualcuno che mi ha indicato la strada.
Io ho deciso di seguirla e questo è stato il primo passo verso il cambiamento.
Follow ... practice ... raise up , ma questa storia ve la racconto la prossima volta .

martedì 13 dicembre 2011

Secondo Panchakarma – Undicesimo Giorno



Scoiattoli, gechi, capre, mucche e vitelli, tori, cani e gatti, pappagalli, scimmiette, farfalle, mosche e zanzare, cavalli e asini, c’è una gran varietà di forme viventi qui per la strada. Io però voglio tanto vedere il serpente a sonagli che esce dal cesto e non so dove trovarlo... anche un elefante sarebbe carino, ma qui in città neanche l'ombra.


Oggi sono andata a piedi da Shivani. Trentacinque minuti di camminata, piacevole, ma senza niente di particolare che valga la pena di annotare, forse, eccetto questa mia sensazione di piccola trasgressione. Heh sì, da quando sono arrivata qua la prima volta, mi hanno detto come mi dovevo comportare, dove prendere il rickshaw, quanto pagare, mi hanno dato degli orari da rispettare ed io ho sempre fatto tutto “a modo”(dialettale emiliano). Oggi incamminarmi da sola mi dava un senso di libertà. E la liberà quando la si prova poi la si desidera sempre, così come la trasgressione. Non so se questo sia un pensiero Ayurvedico…

Stamattina nel letto mi sono sentita il polso. Sono diverse mattine che mi ascolto il polso per capire come fanno i dottori in Ayurveda a stabilire il tuo stato di benessere o malessere. Ed è da qualche mattina che mi sembra di aver capito. Shivani ride e dice che non ho la capacità di concentrarmi a sufficienza per “sentire”. Io penso che non sia del tutto vero, dato che ci prendo.

Stamane, stavo dicendo, ho sentito il mio polso ed, EUREKA !

VATA= PITTA= KAPHA=   sono bilanciati finalmente! Cominciavo un po’ a deprimermi perché non giungevo al risultato in fretta. Noi occidentali siamo abituati che ad ogni azione corrisponde una reazione (immediata), abbiamo perso la pazienza dell’attesa, non è più nelle nostre corde. Vogliamo tutto e subito. Ho mal di testa, mi prendo una pillola entro un ora ho risolto il problema. No, No. Non è così che si fa. Ho mal di testa? Questo sta a significare che ho un problema diverso, devo capire da cosa deriva e curare questa cosa per far passare il mal di testa. Se cancello il mal di testa con una pillola, non andrò più a ricercarne la sua causa, che col tempo potrebbe aggravarsi e ricreare altri mal di testa…

Mal di testa a parte cercavo di dire che è intrinseco nella mia abitudine aspettarmi dei cambiamenti repentini (se inizio una dieta, il giorno dopo salgo sulla bilancia a vedere quanto ho perso). Avendo programmato un panchakarma di soli quindici giorni, (soli perchè secondo le scritture ce ne vogliono almeno 28 + la settimana di recupero), volevo arrivare il più in fretta possibile all’equilibrio e avevo l’impressione di rischiare di dover tornare a casa senza averlo raggiunto, magari per questione di pochi giorni. Insomma per farla breve, ero preoccupata e stavo già pensando se e come era possibile posticipare la partenza, ma per fortuna non è stato necessario. Anche stavolta la mia buona stella mi ha assistito.

E’ logico, Shivani ha solo confermato la mia diagnosi. Che sia davvero divenuta capace di sentire? Quello che mi ha aiutato è sapere che il polso di Vata è percepito come il movimento di un serpente che striscia, il polso di Pitta è percepito come una rana che salta, il polso di Kapha è lento e regolare come il fluttuare di un cigno.

L'osservazione quotidiana di polso, volto, lingua, occhi, unghie e labbra, fornisce sottili indicazioni. Attraverso queste si può imparare quali squilibri stanno avvenendo nel corpo, quali organi sono coinvolti e dove i dosha e le tossine si sono accumulati. In questo modo, controllando gli indicatori corporei regolarmente, i sintomi patologici possono essere scoperti per tempo e possono così essere intraprese adeguate misure preventive. L' Ayurveda insegna che la persona è come un libro vivente e che deve essere letto ogni giorno per la comprensione ed il benessere fisico.

Pensandoci, ricordo che anche in Italia un tempo, quando ero bambina, il dottore ascoltava il polso del paziente. Ti chiedeva di mostrare la lingua e ti guardava negli occhi con la lucetta. Da tempo antico il polso è riconosciuto come il più importante segno della vita. Nell'era moderna i medici hanno dimenticato le cose più semplici, hanno abbandonato l’attenzione ai segnali del polso in favore della medicina allopatica, prescrivibile, pronta, immediata e delle radiografie per ogni non nulla. Tutte cose che fanno malissimo, tranne alle case farmaceutiche!

Nell' Ayurveda invece, il concetto di prevenire una malattie implica un costante controllo della interazione tra ordine (salute) e disordine (malattie) nel corpo. Il processo della malattia è una reazione tra i cinque elementi nel corpo. I sintomi della malattia sono sempre collegati allo sconvolgimento dell'equilibrio dei dosha (vata,pitta, kapha). Una volta che comprendiamo la natura dello squilibrio attraverso una cura adeguata, può essere ristabilito l'equilibrio.

L' ayurveda insegna metodi molto precisi per comprendere il processo della malattia prima che qualunque segno evidente di essa si sia manifestato. Rimane il problema per noi in Italia che l’Ayurveda non è riconosciuta come disciplina scientifica, pertanto i medici ayurvedici non sono abilitati a praticarla e noi siamo “costretti” a farci un viaggetto in India se vogliamo conoscerla, se vogliamo praticarla.

Il panchakarma che ho fatto io lo prescriverei alla maggior parte delle persone che conosco, sicura dei benefici che si ottengono. Che cosa sono 28 giorni se ti puoi liberare completamente dei tuoi problemi? Problemi semplici ma a volte irrisolvibili, nel mio caso è l’eczema, ma può essere la psoriasi, la cervicale, le nevralgie, la sciatica, l’ipertensione, il diabete, il reflusso gastroesofageo, l’acidità di stomaco, l’ansia, la depressione, l’insonnia…. potrei andare avanti ad oltranza, ma questi sono i più comuni che mi vengono in mente.

Una volta trovato, la cosa più difficile è il mantenimento dell’equilibrio. 
Questo sì che non è da tutti. Implica una forte volontà al cambiamento, crisi di guarigione (la malattia si acuisce prima di placarsi), coraggio e pazienza. Bisogna andare contro tutti, contro la credenza comune, contro l’ignoranza, contro il proprio passato con tutti i suoi errori, e ti senti solo in questo percorso. Poi piano piano, quando sei lì sulla tua nuova strada, è come se sorgesse il sole, ti accorgi che le persone che hai intorno ti sono vicine, sono curiose, interessate e ti senti più in sintonia con tutti più di quando hai intrapreso il cammino. 
Tutto questo da una grande gioia e soddisfazione.

Non riesco ancora a dire grazie Dio perché sono atea, ma GRAZIE di essere viva e forte in questa vita che per tanti versi vale la pena di essere vissuta.

lunedì 12 dicembre 2011

Secondo Panchakarma Nono Giorno


Ci sono più costruzioni nella mente che granelli di polvere in un raggio di sole...


A parte la bella frase, il suo significato mi rappresenta completamente. Come è possibile che l’Ayurveda, cinquemila anni fa, abbia stabilito una verità che cinquemila anni dopo è analogamente autentica?

Il mondo è cambiato solo superficialmente: l’uomo è lo stesso dalla notte dei tempi.


Chi mi conosce lo sa bene, una cosa che chiedo spesso è di smettere di pensare.

Mi capita di frequente di essere stressata dai miei soli pensieri. I più terribili e noiosi sono quelli circolari, dove alla fine di incessanti giri ti ritrovi sempre al punto di partenza. Questo tipo di pensiero mi capita soprattutto la sera, se sono molto stanca e il giorno dopo ho delle cose importanti da fare. 
Poi ci sono i pensieri che riguardano gli altri. 
Troppe volte ho avuto dei feedback negativi, quindi prima di agire mi interrogo all’imbecillimento su come e cosa devo dire e poi naturalmente al momento opportuno dico esattamente quello che mi viene spontaneo dire in quell’preciso momento, magari senza averlo pensato prima… insomma un disastro. Essere sinceri non è quasi mai una qualità che porta a buoni risultati, il più delle volte si risulta naif, spesso incompresi (e lo si vede bene dal sorriso abbozzato che scaturisce dall’interlocutore), ma capita anche che si avveri un vuoto temporale, seguito da leggero imbarazzo, specie se l’argomento trattato è “terreno sensibile”.

Abbandonare tutti i pensieri pare sia possibile attraverso la meditazione. 

La Meditazione che nell'accezione occidentale che significa solo pensare a qualche cosa intensamente, nel pensiero orientale va oltre. Il pensare intensamente a una cosa permette di raggiungere lo scopo primario della meditazione stessa: ovvero l’assenza di pensiero.

Ho chiesto al Dr Mishra, padre di Shivani di insegnarmi le basi della meditazione. Mi ha risposto che avrebbe potuto farlo solo al mio rientro dall’India, dopo il panchakarma, perché se i dosha sono squilibrati e Vata predomina come nel mio caso, il focalizzare l’attenzione su una cosa è indiscutibilmente difficile. 
Quindi il primo passo è sempre e comunque riequilibrare i dosha. 

Dalla nostra esperienza ordinaria sappiamo che non è affatto scontato acquietare i sensi, la mente e l’intelletto. I cinque sensi sono continuamente attratti dai rispettivi oggetti di godimento e così la mente vaga come un ape di fiore in fiore, mentre l’intelletto non smette mai di valutare, elaborare, giudicare. 

Per fortuna grandi maestri compassionevoli hanno da secoli tracciato la strada, anzi molteplici strade, che conducono alla pace, come al solito c'è bisogno di qualcuno che ti metta sulla strada giusta...

Una cosa curiosa. Da tanti anni, quando non riesco a prendere sonno, uso un espediente che mi sono creata, quando ancora non sapevo nulla di meditazione Yoga e altre pratiche olistiche. 
Immaginavo di entrare in una stanza vuota, tutta bianca. 
Appena entrata dovevo girarmi a guardare la porta e dovevo cancellarne il tratto, il disegno, il bianco della porta doveva fondersi con il bianco della parete fino a farla scomparire. Poi dovevo girarmi nella stanza in cerca di qualche elemento di distrazione, come una finestra, un oggetto, una luce, ma niente, dovevo sforzarmi di vedere solo bianco. Il problema erano gli angoli della stanza che non riuscivo mai a cancellare, ma a quel punto, in genere mi addormentavo.

Senza saperlo sperimentavo il primo stadio della meditazione: l’acquiescenza.

Di questa cosa non ne ho mai parlato con nessuno, salvo una volta quando il mio fidanzato non riusciva a dormire. Ho pensato che sarebbe stato divertente spiegargli il gioco e vedere se aveva effetto anche su di lui. Di fatto si è addormentato, guidato dalla mia voce che gli descriveva cosa fare una volta entrato nella stanza.  Ne ho ideati tanti di giochi come questo nella mia vita. E’ quindi molto strano accorgermi adesso che hanno qualche significato al di là del gioco in sé.

Un altro di questo giochi per la mente che mi appassiona è la ricerca di “amici”. Li chiamo amici, perché sono delle immagini che mi vengono a trovare quando sono da sola e possono apparire ovunque, sui muri, nei pavimenti screziati, nelle pieghe di un tessuto, nei pop corn, sulla sabbia, nelle rocce. Sono dei disegni finiti, spesso anche molto particolareggiati, che tante volte ho avuto voglia di fotografare per chiedere se anche qualcun altro poteva riconoscerli, ma non l’ho ancora fatto. Sono “amici” perché si presentano sempre quando ho un determinato stato mentale e quando li vedo, mi fanno felice. Mi appaiono in ogni parte del mondo, non solo a casa e soprattutto non fanno parte del mio bagaglio di immagini, sono sempre immagini nuove, inaspettate. 
Bhè in fondo non è niente di speciale, né tantomeno una cosa da raccontare, ma ormai l’ho scritta, la lascio.


giovedì 8 dicembre 2011

Secondo Panchakarma - Quinto Giorno


Non ho dormito un tubo, stanotte.
Erano già le sei di mattina e non avevo ancora chiuso occhio, ma a quel punto mi sentivo pronta almeno per un riposino. Niente male, avevo comunque davanti un paio d'ore piene, prima di alzarmi, conteggiando anche la mezz'ora della colazione, che questa mattina dovevo saltare su richiesta di Shivani.
Dopo una sola ora di sonno profondo, alle sette in punto il campanello della camera ha suonato, talmente forte da farmi trasalire. Ma che diavolo, chi è alle sette del mattino? Chi può avere bisogno di comunicarmi qualcosa di così urgente? Ma da quando le camere d'hotel hanno il campanello??? Ma, ma… MAAA!


Faccio la voce dura: "Yes??" domando ad alta voce.
"News paper"…mi dice la voce dietro alla porta.


Bisogna dire che se dormissi in pigiama potrei aprire la porta e ringhiargli contro, agguantare il giornale e finirla lì, ma non posso e non voglio certo vestirmi per prendere il giornale.
"Leave it in front of the door". 
No, il please non ce l'ho proprio messo. Era una sorta di ordine, perché capisse di avermi davvero disturbato. Che Hotel dell'altro mondo, questo!
Così invece di due ore ne ho dormita solo una, la seconda ora, già innervosita x il giornale, l'ho passata a dare la caccia ad una tediosa e infima zanzara che ogni volta che mi rilassavo con la testa sul cuscino arrivava col suo tremendo e assordante zzzzzz ...zzz…zzz. CHE VITA !!! Però, avrei potuto leggere il giornale!


A proposito, ieri, domenica 4 Dicembre, c'era una grande notizia in prima pagina. 
TOM CRUISE, sì, proprio quello di "Mission Impossible" è sbarcato a New Delhi. Incredibile, solo io e Tom Cruise possiamo essere così matti da venire a Delhi in Dicembre! Bhè del resto è noto che lui fa cose fuori dal normale… lo ricordo bene quando in "Mission Impossible" era audacemente sospeso nel vuoto, attaccato con una mano a una parete di roccia, mentre con l'altra ascoltava un audio-messaggio che sarebbe disintegrato alla fine. Bhè, lui in quella scena era un graaande attore! Vero?!
Ad ogni modo, è arrivato con un aereo privato e lo è andato a prendere all'aeroporto il suo amico Anil Kapoor, che lo avrebbe poi accompagnato ad Agra per la visita al Taj Mahal. Leggendo la notizia, in un primo tempo avevo scambiato Anil Kapoor (che è un famoso attore di Bolliwood) con Anish Kapoor (grande artista internazionale, c'è una mostra a Milano proprio in questo periodo) ed ero estremamente sorpresa del fatto che fosse amico di Tom Cruise, anzi ero sorpresa che Tom fosse interessato all'arte contemporanea.
Comunque, al posto di Anil Kapoor anche io al mio primo viaggio in India avevo di fianco una star; dell'automobilismo, ma pur sempre conosciuto in tutto il mondo, ed ecco la prova:




Grande! Anche io in fondo ho po' una vita da star!! Mi manca solo l'aereo privato, ma c'è tempo…no?
Bhè a guardar bene le foto mi manca anche un po' l'atteggiamento da star, potrebbe sempre diventare la mia mission impossibile per l'anno prossimo, quella di tirarmela un pochino. Se non altro per venire bene nelle foto.
Tom è qui per promuovere il suo nuovo film "M. I. 4" e lo accompagnerei volentieri nel suo giro in India, ma non posso proprio lasciare Shivani.


Oggi mi ha praticato Virechana, che non è una usanza woodoo, ma è una purga. 
Il fatto è, che questa "purga" gli ayurvedici la prendono molto seriamente, c'è una sorta di protocollo da seguire, non è come facciamo noi… all'occorrenza, e poi via… subito a lavorare o a fare mille altre cose.
Il protocollo è importante e prevede lo stomaco vuoto dalla sera prima, un orario di somministrazione tra le ore 11.00 e le ore 12.00 (o nel tardo pomeriggio), a seguito di due impacchi freddi a base di erbe mediche dalla consistenza gelatinosa e piuttosto puzzolente.
Il primo impiastricciamento è avvenuto sulla fronte, il secondo sull'addome entrambi della durata di quindici minuti esatti. Sdraiata sul consueto tavolaccio di legno, guardavo il soffitto dei gechi, che in questa stagione hanno lasciato il posto all'immobilità. In questo periodo fa un gran freddo a starsene lì sdraiati, coperti da sole erbe fredde, così Shivani mi ha procurato una grande coperta, perché qui il riscaldamento non esiste, e la piccola stufetta elettrica che si era portata, assorbiva troppa energia dal generatore, per poterla tenere accesa. Trascorso il quarto d'ora di prassi, la dottoressa ha eseguito un massaggio specifico, nei due posti dell'impacco: fronte e addome.


"La purga" si presentava ai miei occhi come un olio medicato molto denso e vischioso (tipo glicerina), che per fortuna Shivani ha versato in una pratica ciottolina di plastica contenente un brodino vegetale piccante e bollente. Un modo più agevole per trangugiare il mezzo bicchierone di lubrificante. Sono sopravvissuta.
Virechana, è la terza delle cinque manovre del Panchakarma che provo. Virechana purifica il sangue eliminando le tossine dal corpo, e più precisamente si concentra sulle tossine accumulate nel fegato e nella cistifellea. Ma anche il tratto gastrointestinale ne viene coinvolto. La durata, i tipi di medicazioni, e il modo di reazione del corpo, variano molto in relazione alla costituzione dell'individuo (Vata ad esempio evacua poco, Pitta risponde meglio, mentre Kapha è quello che dà più soddisfazione in fatto di abbondanza), ma variano anche in base alle problematiche che ciascuno manifesta, all'età, o allo stato della mente. Le terapie ayurvediche in generale sono prescritte esattamente a misura della persona che viene curata, non c'è una cosa che vada bene per tutti.


Tutta la procedura di Virechana è preceduta dalla oliazione interna che deve essere protratta da tre a sei giorni e consiste nell'assunzione di Ghee medicato (il ghee è burro chiarificato con aggiunta di erbe mediche) da ingerire preferibilmente con zuppe bollenti e leggere, il resto dell'alimentazione è costituito da acqua calda con limone spremuto, thè verde o tisane senza aggiunte, frutta,o altra alimentazione liquida, preferibilmente calda. Nel giorno di Virechana la dieta molto restrittiva è raccomandata perché questo apporta maggiori benefici al paziente.


Il paziente, dal canto suo deve essere molto paziente, perché dall'assunzione di Virechana, dovrà rimanere sdraiato cinque ore. In questo lasso di tempo sarà monitorato dal medico ayurvedico che segna quante volte il paziente evacua, a che intervalli, che tipo di evacuazione (colore, forma, muco… e qualsiasi altra informazione rilevante notabile). Io ne ho approfittato e ho dormito praticamente tutte le cinque ore, intervallate ogni mezz'ora da un bicchierone di acqua bollente con limone spremuto. Niente mal di pancia, niente crampi, insomma tutto pacifico, naturale e rilassante. Niente di tutto quello che avevo supposto si è verificato. Alle 17,00 circa sono stata congedata con un'ultima tazzina di brodo caldo e la promessa che non avrei cenato. 
Fino alle 5/6 evacuazioni nelle 24 ore è tutto regolare. 
Io rientravo nella norma.

martedì 6 dicembre 2011

Secondo Panchakarma -Terzo Giorno

Meno male che esiste la notte, dove tutto è immobile...
...ed ecco i cani randagi, del mio universo notturno, che fanno il solito baccano...
Heh sì, sono ancora qui, a Nuova Delhi. Hotel Royal Star, terzo piano, lato strada!

Sono passati solo due mesi e mezzo dal mio primo Panchakarma.

Rientrata a Milano stavo così bene da essermi convinta di aver risolto tutti i problemi di pelle, allergie, peso, stress... invece eccomi qui, di nuovo nel marasma totale. Non ho il coraggio di pubblicarla, ma mi sono scattata una foto nella fase acuta del mio peggioramento, un paio di settimane fa, l'ho rivista oggi, perché volevo superare questa sorta d’imbarazzo, di pudore che provo, postandola nel blog, ma, no. Non è proprio possibile, sono un mostro! Ho gli occhi quasi completamente chiusi da quanto sono gonfi, rossi, rugosi. Anche le labbra sono turgide, screpolate, la pelle è secca, vizza, bianca, e l'espressione in sé, disegna esattamente il mio stato d'animo: mi sento sconfitta, sconfortata, sfiduciata. Sfiduciata che qualcosa si possa fare, che qualcosa possa davvero cambiare. Da quel preciso momento mi sono ritirata dalla vita sociale di qualunque tipo, e con questo intendo che non sono più uscita da casa neanche per andare a fare la spesa. Mi sono messa a letto, ho digiunato, ho fatto l'idrocolon, e poi ho dormito e studiato, e poi ho letto e letto ancora ed infine mi sono costretta a tornare dal dott. Mishra per un consulto.

Il risultato? Avevo bisogno di un altro panchakarma. "No other solution".
Il giorno che sono andata dal dottore in Ayurveda, avevo un mal di schiena lancinante (tipo colpo della strega e sciatica insieme), ero piegata in due, ma non ho voluto prendere antinfiammatori, perché anche il mal di schiena, come questo maledetto prurito che mi fa andare fuori di testa, sono entrambi la manifestazione dell'infiammazione interna che letteralmente mi invade, e che deriva da un accumulo di scorie/tossine, che il corpo non è in grado di eliminare. Il dott. Mishra è stato molto affettuoso, mi ha spiegato che non aveva alcun potere di curarmi in Italia, con delle erbe o con dei supplementi, non con uno stato tanto alterato del Dosha Vata. Vata tra l'altro è anche la mia costituzione, il che significa che son messa veramente, male. Quando vata è alto c'è mancanza di concentrazione, eccesso di pensiero, costipazione, insonnia, calo di energia, indebolimento delle difese immunitarie, ecc.. E io ho proprio tutto!

Quando Vata è squilibrato ci sono ripercussioni sia sul piano fisico che su quello mentale, e questo è il guaio. Mentre quando è in equilibrio si ha dinanzi a una persona estremamente creativa con grande immaginazione.
Perchè sono tornata indietro? Continuavo a domandare al dottore, ho fatto tutto ciò che mi è stato raccomandato per mantenere l'equilibrio dei Dosha, dove ho sbagliato?? Perchè non mi è stato detto che il risultato ottenuto col panchakarma era così effimero? Sarà stato fatto tutto bene proprio come doveva essere fatto? Non è stato trascurato niente?? Questo accavallamento di domande è proprio Vata !! L'accumulo di pensieri la mancanza di calma per rispondersi e chiarire il da farsi.

Il Dottore non aveva difficoltà a rispondere alle domande, ma sostanzialmente, mi ha detto qualcosa che mi ha fatto riflettere, ci ho messo 40 anni a portare il mio fisico a questo stadio, l'ho stressato, provato, inquinato con cibi sbagliati e lui ha tenuto duro per tutto questo tempo, è un grande fisico, devo volergli bene, ma oggi è stanco, sovraccarico di un lavoro che non riesce più a smaltire, con tutte queste manifestazioni mi sta solo chiedendo aiuto. Il panchakarma che ho fatto è stato il primo passo verso una possibile guarigione, e la guarigione totale c'è stata già dopo 15 gg. a controprova che il risultato è ottenibile, senza medicine, senza cortisone, senza antiinfiammatori, senza antistaminici. Il risultato è instabile, perchè il mio corpo ha disimparato in tutti questi anni, a fare le pulizie. Non gliene ho mai dato il tempo. Noi occidentali neanche sappiamo di avere un corpo e un'anima se non quando ce lo cantano Wess e Dori Ghezzi.

Diamo tutto per scontato, credendo di avere un corpo alla De Beers.... per sempre.

Se non corro ai ripari oggi, posso solo aspettarmi un peggioramento.

E’ interessante saperc che l'Ayurveda prevede sei stadi della malattia, dove il sesto stadio è la malattia stessa. Al contrario, la medicina occidentale, allopatica, parte a "curare" dalla manifestazione conclamata della malattia, in avanti. Questo mi fa davvero pensare.
In effetti tutti i "sintomi" che manifesto, presi in considerazione dai nostri medici (dermatologi, allergologi, dietologi, e via dicendo) non hanno alcun significato particolare  e soprattutto non sono "curabili". Possono essere però "sedati" con i vari palliativi che mi hanno prescritto: cortisone, antistaminici e antinfiammatori. In attesa che si manifesti la malattia vera e propria, che come si può ben capire non tarderà a presentarsi, visto il cocktail proposto.

Gli antichi testi ayurvedici affermano che la malattia nel corpo umano ha origine da sei fasi ben distinte. Le prime tre fasi non sono realmente visibili, ma possono essere legate sia al corpo sia alla mente, mentre le altre tre fasi sono realmente percepibili e visibili.
Tutti gli stadi della malattia secondo l’Ayurveda sono manifestati da una perdita di equilibrio:
- Accumulazione (il processo inizia con l’eccessivo incremento di uno o più dosha)
- Aggravamento (l’eccesso ha raggiunto un punto tale che il dosha fuori esce dalla sua sede originale)
- Diffusione (il dosha si muove nel corpo)
- Localizzazione (il dosha trova dimora in una zona del corpo a cui effettivamente non appartiene)
- Manifestazione (i sintomi fisici si manifestano nella zona, dove il dosha si è spostato)
- Disgregazione (la malattia si manifesta con tutta la sua virulenza).

Ecco spiegato perché per il Dott. Mishra sono "grave".
Un secondo panchakarma serve a riportarmi dallo stadio sei allo stadio "zero" dove tutto è in equilibrio e quindi c'è assenza di malattia, e questo non solo è fattibile, ma è decisamente auspicabile.
Inoltre le tossine che oggi sono depositate in posti diversi da dove dovrebbero stare, sono tossine "recenti", hanno solo due mesi e mezzo e non più quaranta anni. Il processo è lento, perché implica un cambiamento radicale nelle abitudini. Più è lento più sarà permanente. Cambiare le abitudini sarà il solo modo per tenere i dosha in equilibrio e non ritornare al problema.

E’ tutto molto semplice, logico, quasi banale e nella nostra società dove invece tutto è complesso questa storia può sembrare una baggianata.  Peccato che funzioni!

lunedì 5 dicembre 2011

Secondo Panchakarma -Primo Giorno

Sono nel bianco più assoluto, se non sentissi il rumore del carrello e le ruote che toccano terra, penserei di essere ancora in alta quota.
Tutto mi sarei aspettata tranne che di atterrare nella nebbia più totale. Nessuno, parlando dell’India, ha mai accennato alla nebbia, forse perché gli Italiani che viaggiano in India ci vengono solo in estate? Eppure è proprio così, a Dicembre a Nuova Delhi c’è la stessa bruma di Milano, lo stesso grigiore.
Mi sento a casa…

domenica 2 ottobre 2011

Diciassettesimo giorno dalla FINE del Panchakarma

... e questo biglietto trovato sullo schermo del Mac non è l'unica richiesta...
un caro amico mi scrive:... "non puoi lasciarci così...", mio padre mi ha detto che se avessi studiato al liceo classico forse avrei avuto le basi chissà anche, forse, per scrivere un libro... e detto da lui è un grandissimo complimento, nonostante sia un complimento travestito...

Sono andata a rileggere i post precedenti e improvvisamente ho ritrovato il mood, ho ritrovato la condizione mentale che purtroppo già al secondo giorno dopo il mio rientro in Italia mi aveva completamente abandonato. Questa condizione mentale è un oasi, è come un posto all'interno di me stessa nel quale riesco a sperimentare sensazioni piacevoli, di benessere e tranquillità e lucidità mentale. Mi pare di aver capito che in questo "stato mentale" ci si puà entrare quando si vuole, tramite una "porta" che può essere un mantra, un OM, una vibrazione (gong). Io non ho ancora questa capacità, non so ancora dove sia la porta, ma ogni tanto, anche se per pochi secondi mi accorgo di oltrepassare la soglia e di esserci dentro, dentro all'OASI. Quando da dentro guardi "fuori", vedi con altri occhi. E' una senzazione meravigliosa.
Solo chi ha sperimentato questo stato ha la possibilità di capire che non sono impazzita...

Questa mattina ho rimuginato nel letto parecchio prima di alzarmi, sentivo il peso delle cose da fare. Mi sono accorta che è da anni che sento il PESO delle cose da portare a termine. Non sto parlando solo degli impegni presi, delle promesse fatte, del lavoro da terminare, degli obblighi quotidiani, ma di mille azioni di routine che ho impostato, che ognuno di noi ha impostato, ma che a volte non ho proprio voglia di compiere. Mi riferisco a quelle cose banali tipo la roba da lavare che si accumula e che tu guardandola intensamente vorresti che sparisse o alla lavastoviglie da svuotare o a tutte quelle piccole incombenze che sottoforma di fogli scritti si sono ammonticchiate sulla scrivania in attesa che tu ci metta un po' d'ordine. Tutte cose che aspettano me, o forse solo cose che io credo che "gli altri" si aspettino da me, ma magari "gli altri" hanno a loro volta gli stessi problemi nei confronti di altri ancora, in un turbinio di obblighi e responsabilità e piccoli, incessanti SENSI DI COLPA.
Ecco l'ho detto, ma sono i sensi di colpa che mandano avanti le nostre azioni quotidiane?
"Non ho preparato la cena..." "avrei dovuto..." "dai allora Elena, forse sei ancora in tempo, fai uno piccolo sforzo..."
E così di piccolo sforzo in piccolo sforzo passa la nostra vita, la nostra gionata...

"la nostra vita, la nostra gionata...?"
" la mia vita, la mia giornata".

Tutti i complimenti per il blog, tutte le richieste di terminarlo, mi hanno messo pressione, e più desideravo trovare la condizione per farlo più quella condizione sbiadiva dentro di me. Ma cosa cavolo può importare alle persone, di me, di quello che mi succede, di tutte queste menate che mi faccio per qualsiasi cosa....
Sono tornata in Italia e ora il mondo tutto rosa lo vedo solo a sprazzi...

Una volta arrivata a casa dall'India tutto il rosa mi è crollato addosso quando mia mamma mi ha detto che mio padre era da poco uscito dalla sala di rianimazione dell'ospedale di Cernusco s/n dove era stato ricoverato mentre io vedevo arcobaleni di colori dall'altra parte del mondo.

Mi sono sentita morire! Io al settimo cielo, felice, leggera e spensierata scrivevo sul web un sacco di "sciocchezze", ignara di ciò che contemporaneamente accadeva a mio padre.

MA PERCHE' NESSUNO MI HA AVVISATO ???!!!    (questo è un urlo nella mia testa)

Vabbè tutti mi dicono che è così che vanno le cose, le mamme "non dicono" per non fare preoccupare inutilmente i figli... ma allora quando ci si deve preoccupare utilmente?
La preoccupazione raggiunge mai uno stato di utilità?
Leggo, leggo e sfoglio libri di Ayurveda alla ricerca di una risposta semplice.
Come ho scritto la parola SEMPLICE ho avuto la risposta. Non l'ho trovata su nessun libro, ma l'ho sentito forte e chiaro, la risposta è NO!
In uno stato di preoccupazione non si può essere UTILI.
... non mi accontento... andrò a cercare un riscontro... ma è tutto dannatamente chiaro.
In questi ultimi diciassette giorni in cui mi sono preoccupata, in cui mi sono sentita in colpa, non ho apportato alcun beneficio ne a me ne alla mia famiglia.

Ho avuto sempre l'impressione che si aspettassero qualche cosa da me ma io non sapevo davvero che pesci prendere e il sentirmi impotente mi ha innervosito parecchio, ma in questo preciso momento, mi accorgo che sono stata sulla strada sbagliata.
VOGLIO UN PANCHAKARMA IMMEDIATO !!! QUI,  E ORA!!! Il Panchakarma mi ridarebbe una visione limpida su come affrontare ogni situazione.

Non c'è più tempo... devo scappare in ospedale, forse oggi avrò il sorriso giusto per dare un po' di felicità a mio padre... probabilmente... senza parole...

Siii ci sono riuscita, sono arrivata in perfetto orario visite e tutto è filato liscio. C'era anche un bel sole e ci siamo attardati su una panchina nel parcheggio dipendenti dell'ospedale. La mamma ci ha raggiunti mentre Mauro era già con me. Lì all'aperto, vicino a un prato è nata anche qualche bella considerazione filosofica sul perchè delle cose...

... Il perchè delle cose... un pensiero senza fine, eppure questa Ayurveda essendo "studio della vita" ti dà la chiave per capire davvero tante cose. Nonostante la difficoltà di applicazione dei principi generali di questa "scienza" nel nostro mondo occidentale, sento che la strada è percorribile, anche solo un passo per volta. Ad oggi, per tutti i diciassette giorni dal mio rientro dall'India tre azioni fondamentali le ho compiute sempre con regolarità: la pulizia della lingua appena sveglia, dieci minuti di yoga prima di lavarmi, e mezzo limone spremuto in acqua calda con un pizzico di sale, prima di colazione.
Poco è sempre meglio di niente!

lunedì 12 settembre 2011

venerdì 9 settembre 2011

Ventiduesimo e Ventitreesimo giorno

Tutto procede bene l’umore è alto nonostante il sole non risplenda! Siamo al terzo giorno di pioggia consecutivo. La prima volta che son tornata in albergo con il rickshaw, sotto l’acqua battente, mi è sembrato un azzardo, ma anche aspettare che smettesse non aveva alcun senso e allora… via, “ …che la nuova esperienza abbia inizio…” mi son detta, e sono arrivata bagnata fradicia e felice.
Sembra assurdo ma anche questo è piuttosto divertente, fa talmente caldo che anche la pioggia non da fastidio più di tanto e non vale solo per me, anzi. I bambini a piedi nudi e a torso nudo giocano e ballano sotto l’acqua, la gente cammina tranquilla e và dove deve andare senza fare una piega, i conduttori di rickshaw pedalano inzuppati, chi va in moto non si ferma, qualcuno si lava, col sapone.
Non si ferma nessuno, perché dovrei farlo io? Ero anche un po’ dispiaciuta per il ragazzo che mi viene a prendere e mi accompagna, in effetti non credevo di avere un’esigenza così urgente da non poter aspettare che smettesse di piovere, ma Shivani dall’alto della sua saggezza, mi ha spiegato che non debbo avere di questi scrupoli. In maggio e giugno si raggiungono picchi di caldo fino a 45/50 gradi sull’asfalto, sotto il sole, con un tasso di umidità altissimo. La vita si ferma? No. Quindi capisco che, bagnati di pioggia o di sudore, i ragazzi del rickshaw devono pedalare. Una cosa che appare molto chiara è che qui il perbenismo non esiste, il buonismo nemmeno. Qui si lotta tutti per la sopravvivenza. Sono molto pragmatici gli indiani. Ognuno conosce il suo ruolo e tutti stanno al loro posto, se uno fa un certo lavoro lo deve fare  e basta, non ci si deve lamentare.
E con ciò torniamo al discorso delle caste che, anche se abolite, continuano ad essere uno strumento di controllo sociale, tuttora ancora molto potente e radicato. Secondo le dottrine induiste, la casta nella quale un individuo nasce è il risultato delle sue azioni in una vita precedente. In questa visione le ineguaglianze fra gli uomini sono quindi la conseguenza di azioni delle vite passate. Va da sé che non c’è nulla da fare in proposito se non accettare lo status quo, perché la casta non si può cambiare, se non in una vita futura, a patto che in quella attuale si siano rispettate correttamente e appieno tutte le regole imposte. E’ uno straordinario sistema per impedire la ribellione.
In realtà il buddhismo, il giainismo e il sikhismo hanno rappresentato e rappresentano ancora forme di ribellione al sistema delle caste. Anche all'interno dell'induismo vari personaggi vi si opposero nel corso dei secoli e furono per questo perseguitati e uccisi, fino a Gandi, che rinominò gli intoccabili, 'popolo di Dio'.
Gli intoccabili, sono addirittura “fuori casta” , essi sono gli infimi tra gli infimi per un indiano; sono detti intoccabili in quanto chi li sfiora, anche solo accidentalmente, deve immediatamente andare a purificarsi, e  ad essi sono comunemente riservati lavori umili quali la pulizia delle strade o delle latrine. E qui in India non è come fare lo spazzino in Italia o negli Stati Uniti!
L’odore nauseabondo dei cassonetti rivoltati, già ispezionati da cani randagi, corvi e uccelli vari, ma anche da persone in cane ed ossa; bagnati dalla pioggia o riarsi dal sole, i mucchi di immondizia qui sono qualcosa che è davvero difficile da descrivere e forse da dimenticare. Comunque, nonostante le mie spiccate doti d’osservatrice del mondo che mi circonda, non ho ancora mai visto un topo, mentre a New York ne ho visti, e tanti anche, per non parlare delle incursioni notturne di scarafaggi, grossi, lunghi e veloci come razzi.

Comunque sia la pioggia oggi pomeriggio mi tiene in albergo, a riposare.
Il riposo per l’Ayurveda è un aspetto molto importante, che favorisce l’aumento di Sattva (vedi diciannovesimo giorno) nella mente. La fatica è la maggior responsabile della perdita di vitalità della mente. Non dico niente di nuovo, ognuno di noi sa quanto questo sia vero, eppure non ce ne preoccupiamo molto, le esigenze del nostro modo di vivere ci portano dritti dritti a dissipare energie preziose. Ma se fossimo in sintonia con i ritmi della natura, invece di resistere ad essi, quanto ci guadagneremmo? Perché anche in questo momento cerco di resistere al sonno, invece di abbandonarmi a tale propensione naturale? Quanta energia in più chiedo al mio organismo, invano?
La meditazione e il riposo fanno parte della nostra natura e creano in noi la quiete, questo permette al corpo e alla mente di liberarsi dallo stress e dalle tossine. Le innumerevoli richieste di tempo e attenzione tengono la nostra mente costantemente attiva e oltre a questo le influenze negative dell’ambiente creano ansia e confusione. La sovrabbondanza di stimoli confina la mente ad un livello superficiale, nel quale l’eccessiva dispersione e la chiusura impediscono di sperimentare le vaste risorse fisiche, mentali ed emotive, che sono nascoste dentro di noi. Le possibilità illimitate che esistono nei livelli più sottili della consapevolezza, rimangono accessibili solo a una mente calma e stabile.
La meditazione quindi al giorno d’oggi diventa più una necessità che un lusso o un compiacimento, entrambe interpretazioni errate di tale pratica, ma che fanno parte del pensiero comune di noi occidentali.

Meditate gente, meditate… diceva Renzo Arbore facendo la pubblicità della birra, forse senza sapere che era uno dei migliori consigli che potesse mai dare.

giovedì 8 settembre 2011

Ventesimo e Ventunesimo giorno

Non so come dirlo.  Ho paura a scriverlo, ma lo sto pensando, è da stamattina che ci penso: io non voglio tornare a casa!
Potrei mai vivere qui?
Mi sembra un pensiero così assurdo. Com’è potuto saltarmi in mente?
Non so, ma mi sono così tanto affezionata a questa routine. Mi piace così tanto questa assenza di cose da fare e abbondanza di pensieri, che mi tiene una gran compagnia. Più tardi voglio andare al mercato, tempo permettendo. Ma non un mercato speciale, il big market Dwarka sector 10, quello qui, dietro l’angolo. Quel mercato così brutto che il primo giorno mi veniva da piangere all’idea di averlo come punto di riferimento. E oggi ci vado come se fosse il mio mercato. Ho i miei negozi fissi da curiosare, mi muovo placidamente, come un’autoctona. Mi avvicino alle bancarelle, guardo, tocco, chiacchiero, sorrido. Sono così a mio agio che riesco quasi a mimetizzarmi, a passare inosservata. Mannaggia se non fosse per questi capelli stracorti e biondi, l’altezza e la pelle bianca, sarei perfetta.
Hops! E’ andata via di nuovo la luce. Oggi è già la quarta volta. Ieri è stata via quasi tutto il giorno. Va via, ritorna è quasi bello, se fossi a Milano ne sarei stressata, ma qui no! Dov’ero rimasta? Aha! Sì, il mercato.
Oggi vado a svaligiare le “farmacie” che vendono i prodotti Ayurvedici. Ho trovato una linea: Biotique biologica, senza conservanti, dermatologicamente testata, organicamente pura, 100% estratti botanici provenienti dall’Himalaya. Sulle confezioni c’è addirittura scritto: “This is not a cosmetic product, it has therapeutic properties. “ – “questo non è un prodotto cosmetico, ha proprietà terapeutiche”, e la cosa più terapeutica di tutte è il prezzo: circa 3/4 euro al pezzo. Al costo di una nostra buona crema, comprando qui, sono a posto per tutto l’anno. A parte gli scherzi sono davvero degli ottimi prodotti, c’e né per tutti i gusti, detergenti senza sapone, esfolianti, tonici, contorno occhi, rivitalizzanti della pelle, creme nutritive, balsami per le labbra, shampoo, oli per il corpo, intensive treatment-age control, protettivi solari e sbiancanti per il viso… Bhè, almeno quest’ultimo non mi serve, son già superpallida! Prima di partire per l’India tra le varie cose ho scoperto anche di essere anemica.
Mentre scrivo guardo fuori dalla finestra della camera d’albergo. Sono al secondo piano e mi affaccio sulla strada principale. E’ un viale alberato in una zona residenziale, periferica, ma è vicino alla fermata della metropolitana, così c’è sempre un bel via vai. Un andirivieni che cattura la mia attenzione tutti i giorni da quando sono qui. Mi piace veder passare la gente e solo raramente qualcuno si accorge di me. Quando i nostri sguardi si incrociano nascono sempre una serie di interrogativi. Pochi secondi sospesi, e poi ogni domanda rimarrà senza risposta, e sarà subito dimenticata…  eppure, anche se per un solo istante, io e la/lo sconosciuto siamo entrati in contatto. Se un poliziotto a seguito di un qualche grave fatto, dovesse chiedere al passante se ha notato qualcosa di strano, questo, riferirebbe di avermi visto!
Mi piace di più quando non si accorgono di me!
“Datemi una ruota e ci trasporterò il mondo… “    Ah! No, era: “Datemi una leva e vi solleverò il mondo”, ma questo l’ha detto Archimede, qui in India devono aver interpretato la mia versione, quella della ruota. Qui su una ruota, su due ruote, su tre o quattro ruote gira davvero di tutto! Tra i più belli che ho visto in bicicletta ci sono i trasportatori di bombole del gas e i trasportatori di uova. Li vedo tutte le mattine quando vado alla clinica, ma mi scoccia talmente tanto chiedere al ragazzo del rickshaw di fermarsi, per poterne catturare un’immagine.
Al mercato ho fatto la solita ricarica del telefonino, vorrei che qualcuno mi vedesse: arrivo al negozietto, il conduttore non mi considera più di tanto, ha tanti avventori in quel momento, allora io mi appoggio al bancone, gli sfilo il grosso album che tiene davanti, lo rigiro dalla mia parte e lo compilo, inserisco il numero di telefono e il valore della ricarica. Poi glielo porgo insieme ai quattrini. Lui, che continua a far finta di niente, prende un suo cellulare, guarda il mio numero scritto nell’album, lo compone e din din , sul mio cellulare appare il messaggio di ricarica compiuta. Lui apre un cassetto e mi porge il resto. Non ci siamo sorrisi, ne scambiati una parola, né detti grazie o prego. Io mi allontano, vorrei proprio sapere se non sembro un’abituè ... Aah a proposito, non sono io maleducata, qui grazie e prego non si usano! Ora cerco degli asciugamani. Alla clinica ce ne vuole uno al giorno. Shivani mi ha consigliato di farli lavare in hotel, cosa che ho fatto, con il risultato che son tornati indietro umidi, unti, non profumati ma stirati da dio e impacchettati. Così è stato anche per le magliette e i pantaloni che ho fatto lavare. Chissà forse non hanno la lavatrice? Forse non hanno il detersivo?? Non saprei, di tintorie in giro per la strada non ne ho viste in effetti. Ho preferito comprare altri sette asciugamani, dovrei avercene fino alla fine, son stufa di fare il bucato in camera, col sapone di Marsiglia che mi sono portata da casa. E ora vado alla ricerca dei limoni, dei mango, della melagrana e dell’ acqua in bottiglia, poi sono a posto, mi riprendo un rickshaw e torno in albergo.
Shivani è stata molto carina oggi, mi ha chiamata questo pomeriggio per assicurarsi che questa sera prendessi acqua calda, limone spremuto con aggiunta di sale, un autentico rimedio, “sturalavandini”, perché sono tre giorni che senza l’aiuto del “Basti”, non vado in bagno. Mi ha consigliato di mangiare una melagrana prima di cena, e solo mezza cena, il che ha voluto dire una zuppetta di spinaci con annegati dei cubettini di formaggio fresco (palak paneer) e un pezzettino di “piadina”(tandori naan). Bhè non dovrebbe rimanermi niente sullo stomaco! Non so, mi sento felicemente più leggera del solito oggi. Avrò perso un chiletto? Che domanda fantastica… chi lo sa? Però lo spero proprio tanto. Anche la pelle sta finalmente migliorando. Oramai sono diversi giorni che mantengo l’equilibrio dei dosha.
Da tre giorni Shivani ha inserito un nuovo trattamento chiamato Lepam. La maggior parte delle erbe, spezie e piante utilizzate per la pasta Lepam hanno elevate proprietà anti-infiammatorie e analgesiche ed i liquidi contenuti in essa sono ottimi per il nutrimento dei tessuti. La mistura fangosa viene spalmata su tutto il corpo e lasciata sulla pelle per una mezz'ora abbondante. Contemporaneamente viene eseguito un altro nuovo trattamento in abbinamento al Lepam. Il Facepack è una maschera facciale a base di poltiglia di frutta che viene lasciata riposare sul viso per lo stesso tempo del Lepam. Le proprietà sono antirughe, antistress, calmante, tonificante e rinfrescante. Un vero toccasana, peccato per l’odore un po’ acido un po’ acre, ma qui agli odori è meglio abituarsi.


martedì 6 settembre 2011

Diciannovesimo giorno

Stamattina nonostante tutto mi sono un po’ arrabbiata, non proprio arrabbiata, sono rimasta delusa per una cosa che sapevo già,, ma che continuo a non volerla accettare.
Il ragazzo del rickshawnon è arrivato. L’appuntamento era alle 9.30, l’ho aspettato fino alle 9.50 e poi mi sono

decisa a fermarne uno qualsiasi, per farlo
correre alla clinica.

Il ragazzo designato è stato “assoldato” dal dott. Mishra al mio arrivo per venirmi a prendere all’hotel, portarmi alla clinica e ritorno, tutti i giorni. Sarebbe stato difficile fare diversamente visto che la clinica non ha un indirizzo. Qui non ci sono i nomi delle strade, masoprattutto i ragazzi che pedalano non parlano inglese, e a volte non sanno neanche leggere. Insomma dopo diciotto giorni che lo vedevo, mi ero quasi affezionata a questo tipo. E’ capitato che dei giorni tenesse acceso il cellulare per ascoltaremusica mentre pedalava e a me piaceva essere accompagnata da queste nuove melodie, mentre mi guardavo intorno nel tragitto. A volte arrivava tutto sudato e pedalava come una tartaruga, a volte è venuto ben vestito, con i pantaloni lunghi neri e camicia nera, tutto profumato. A volte sorridente, a volte sulle sue. Le parole non sono necessarie a creare un qualcosa tra le persone che si osservano quotidianamente. A volte è proprio questo il bello, farsi domande, immaginarsi risposte e storie e trovare solo col tempo conferme o meno. E così, giorno dopo giorno, l’ho quasi percepito “amico” e avevo la balzana idea che anche lui provasse quello che provo io. Macché, lui faceva la sua vita e io ero una come un’altra, solo una fonte di guadagno. Tanto è vero che dopo la prima settimana, filata liscia come l’olio, ha cominciato a farmi qualche richiesta “extra”.


Un giorno mi ha fatto vedere che aveva un taglietto sul ginocchio che gli stava facendo infezione. C’era un po’ di pus attorno, ma probabilmente perché si era guardato bene dal disinfettarsi. Comunque sto taglietto è stata l’occasione per chiedermi, con una scusa assurda, un anticipo sul pagamento dei cinque giorni successivi. Mi ha detto con una parola in inglese e dieci in indi, che voleva andare da un medico, ma questo avrebbe voluto dei soldi che lui non aveva. La sua richiesta era un po’ sfacciata, ma onesta, era solo un anticipo. Però cinque giorni senza paga non passano così velocemente, così al quinto giorno ha fatto il muso duro, mi ha fatto segno che era da un po’che non lo pagavo, diceva che erano sette giorni e non cinque e insisteva. Io che ero curiosa di sapere se avesse tenuto un buon conto dei giorni, sono stata molto attenta a non sbagliarmi, e la conferma di voler fare un po’ il furbetto, purtroppo me l’ha data. Passati due giorni tranquilli dopo questo episodio, al terzo giorno si è fermato durante il tragitto del ritorno, per dirmi che sua moglie aveva la febbre alta, aveva 103! Poi ha ripreso a pedalare, non sentendo niente da me, si è rifermato, per farmi capire che era molto preoccupato, dato che lei è incinta di tre mesi. Io ho ascoltato con interesse il racconto, cercando di immaginare dove volesse andare a parare. Ma è chiaro!!! Sempre lì!
In ospedale gli avevano chiesto duemila rupie per curare la moglie, voleva sapere se potevo dargli un contributo di cinquecento. ”Ma certo”… ho pensato mentre facevo un’espressione pensierosa e dispiaciuta. “Non importa se mi stai raccontando una balla grande come una casa… lo posso fare. Te lo do volentieri questo contributo”. E così è stato. Poi per altri tre giorni nessun problema. Al quarto giorno mi ha fatto uno squillo sul cellulare alle 9.50. L’ho richiamato, mi ha detto che aveva la febbre e non sarebbe venuto a prendermi. Poi altri due giorni buoni e ieri che pioveva a dirotto ha spiegato che quel giorno sarebbe rimasto a casa a letto tutto il pomeriggio, poi ha richiesto un piccolo extra per farsi una bevuta. Stavolta non ho acconsentito, anche perché la dott.ssa Shivani mi ha caldamente suggerito di non assecondarlo, ma non mi era ben chiaro il motivo. Comunque, niente mancia per quel giorno, l’avrebbe avuta solo alla fine del mio soggiorno, come premio. E poi stamane, mi è parso proprio per dispetto, alle 9.50 non era ancora arrivato, quel testa di manzo!
Avevo addosso una gran rabbia per tutto, ma era una rabbia che contemplava anche il dispiacere. Era un bel “deal” per lui, 28 giorni di paga assicurata con extra mance, già prese e da prendere! E per me, che non dovevo indicare a segni, ogni volta, la strada e contrattare sul prezzo della corsa.
Di quello che non c’è, si può sempre fare a meno” gran saggio proverbio popolare! Ho alzato un braccio e un nuovo rickshaw si è fermato ai miei piedi. Che tristezza…
A fare del bene a un asino si prendono sempre dei gran calci”… o qualcosa del genere, menomale che i vecchi proverbi mi danno un po’ di conforto, mentre arrivo da Shivani. Lei è pronta a chiamarlo e fargli una bella lavata di testa. La fermo. Non desidero rimettere insieme i pezzi, mi è capitato già tante volte in ambiti differenti, si intende, ma i dati di fatto parlano chiaro e la forza sta nell’accettare le cose come stanno, non ne voglio più di nodi, nei fili spezzati.
Queste considerazioni mi portano a valutare il cambiamento. Il cambiamento per me è sempre qualcosa di positivo. Una storia si chiude e una nuova storia comincia. Anche se chiudere le cose può essere estremamente difficile a volte o doloroso, le storie, le situazioni, le idee i progetti, tutto nella vita, ha un inizio, uno svolgimento e deve avere una fine: Sattva, Rajas e Tamas
L’Ayurveda c’era arrivata già 5000 anni fa. E’ molto interessante, tutti i fenomeni nell’universo sono sottoposti all’influenza di tre fasi primarie chiamate i tre Guna (Sattva, Rajas e Tamas). Sattva corrisponde alla nascita di qualcosa, pensiamo ad esempio ad un progetto per una nuova casa, Sattva è il desiderio di una nuova casa, implica la capacità di creare, pensare, immaginare; poi arriva Rajas che genera azione, iniziativa, motivazione, e ci permette quindi di rendere il progetto possibile, attraverso ad esempio, disegni tecnici precisi fin nel più piccolo dettaglio; ma è solo con l’arrivo di Tamas che le cose giungono alla loro conclusione. Per completare la casa, il pensiero creativo di Sattva e l’attività costruttiva di Rajas a un certo punto devono arrivare al termine: questa è la funzione di Tamas. Se il committente continua a manifestare la sua creatività con aggiunte al progetto, o il costruttore continua a costruire, la casa non sarà mai completata. Senza l’orchestrazione ben coordinata dei tre Guna le cose non accadono.
I tre Guna si trovano in ogni aspetto dell'esistenza: nella natura e nella vita così come in tutti gli stati di coscienza. Così, quando prevale Sattva la coscienza umana è caratterizzata da uno stato di serenità e chiarezza mentale; quando Rajas è predominante, la coscienza diviene attiva, dinamica, volitiva e piena di energia; quando invece prevale Tamas la coscienza è inerte, immersa nell'apatia e nel torpore.
Così, gli individui tamasici (il pigro e l'inerte) esitano ad essere attivi, temendo di stancarsi o di fallire; gli individui rajasici (emotivi e passionali) si tuffano a capofitto nell'azione cercando risultati immediati, e rimangono delusi quando questi non arrivano come si aspettavano; mentre gli individui sattvici (le persone dotate di equilibrio mentale) sono attivi, considerando l'azione il loro dovere; il successo e il fallimento non disturbano la loro equanimità, poiché essi lasciano a Dio i frutti dei loro sforzi, consapevoli di essere solo strumenti nelle Sue mani.

In questo momento desidero tanto l’arrivo di Tamas nel mio stato mentale, che mi permetterebbe di trovare il bandolo della matassa e dare una conclusione a questo mio vagare tra i pensieri (Sattva) scrivendoli (Rajas).

Sì, lo sperimento e funziona. Tutto è governato da queste tre azioni, è straordinario.

E questo è il Panchakarma, una serie di azioni volte a riequilibrare l’organismo al fine di sperimentare appieno le potenzialità della vita, quando tutto è in equilibrio i pensieri sono chiari, limpidi, evidenti, la mente è sgombra da pensieri negativi e l’azione è proficua. Non so realmente se il corpo stia migliorando, ma se questo non stà ancora avvenendo è solo una questione di tempo. La mente governa!

lunedì 5 settembre 2011

Diciassettesimo e Diciottesimo giorno

Ieri, come cenerentola, sono rientrata nel tempo limite di mezzanotte per non mandare a ramengo la mia cura Panchakarma, che prevede assoluto riposo, assenza di tensione e stress, assenza di emozioni forti, come guardare film poliziesco in tv o leggere i quotidiani ecc...
Se seguissi alla lettera queste istruzioni, non dovrei proprio uscire dall'albergo, perché qui le emozioni rispetto a ciò che vedi, son molto più robuste di un film d'azione al quale siamo indiscutibilmente troppo abituati, quasi annoiati a volte.
Un thrilling di eccezionale portata ieri è stato un lungo spostamento da un luogo a un altro in Tuc Tuc.
Il Tuc Tuc è uno straordinario trabiccolo dalla forma di un'Ape Piaggio, senza portiere e senza vetri, dove si possono sistemare comodamente dieci indiani, ma solo due occidentali (gli standard di comfort sono decisamente diversi)  e che viaggia alla velocità della luce, infilandosi in tutti gli interstizi liberi, nel traffico di una capitale all'ora di punta. Credendosi un motorino, il Tuc Tuc zigzaga a rotta di collo, con frenate improvvise, cambi di corsia e sorpassi audaci da moto GP. Il mio compagno d’avventura, e di vita, era impressionato forse anche più di me, che amo il rischio e adoro l’imprevisto, e si immaginava già i titoli sui giornali: “ Sopravvissuto alla Formula 1, muore tra le lamiere accartocciate di un Tuc Tuc in India…” “ Il Campione del Mondo di automobilismo MB, che per una vita ha superato i 300 km/h è deceduto ieri a Nuova Delhi sfracellandosi con un Tuc Tuc a 20 km/h contro un autobus della Tata…” . Haha abbiamo riso come dei matti: lui per scongiurare il disastro, io perché mi son divertita da morire.
La mia idea per festeggiare il mio compleanno, era andare in un tipico street market indiano a catturare immagini d’ogni sorta, a far provviste di olii profumati e poi seguire un po’ le situazioni così, come si fossero presentate…
La sua idea per il mio compleanno era individuare il quartiere o la zona più agiata di Delhi per vedere qual’era la differenza nello stile di vita e trovare un ristorante indiano d’alto livello per riscontrare le diversità o le analogie rispetto alla qualità del cibo che avevamo mangiato fino a quel momento.
A volte siamo davvero tanto diversi…
E’ andata a finire che siamo usciti dal nostro hotel tutti belli freschi, profumati e ben vestiti, per ritrovarci in un mega centro commerciale.
Avevamo seguito un’ipotesi: trovando il negozio di Luis Vuitton, avremmo individuato il quartiere “in” di Delhi.
Invece qui i pensieri non seguono il filo della logica occidentale, hanno tutt’altro orientamento…
Il centro commerciale era strepitoso in termini di ricchezza, perché comprendeva tutti i negozi di più alto prestigio e fama internazionali e per accedervi dovevi passare un security check point come quello negli aeroporti. Ma cosa ci facevamo lì, tra Armani, Versace, Tod’s, Prada e Louis Vuitton  ???!!!
Ci aspettavamo di passeggiare allegramente in un quartiere, ma il quartiere non c’era. Fuori dal centro commerciale c’era la stessa india che avevamo visto fino a quel momento. Ed è stato lì, che presi da un po’ di sconforto, abbiamo deciso di rischiare la vita sul Tuc Tuc, e capovolgere le sorti della giornata. Con lo strepitoso mezzo di trasporto, siamo arrivati al più gettonato ristorante indiano. Ad accoglierci, all’esterno, c’erano due ragazzi con il trabiccolo di legno e il libro delle prenotazioni, all’americana. Era sabato sera e il ristorante era tutto esaurito. Siamo di nuovo scoppiati a ridere. Continuavamo a passare da un estremo ad un altro. La ragazza con un discreto inglese, questa volta, era molto dispiaciuta che alla nostra prima visita ci fosse capitata una situazione tanto incresciosa, ci ha suggerito di fare un giro e lei ci avrebbe chiamato non appena si fosse liberato un tavolo. Abbiamo fatto un giro di 30 minuti, poi non sentendola, siamo ritornati alla carica, ma niente, nessuna disponibilità. Però sembrava proprio un posto giusto e non volevamo arrenderci, così siamo rimasti lì fuori a chiacchierare e a guardare un mondo che si muoveva intorno a noi; un mondo certo diverso da quello che ruota intorno a Ennio Doris della Mediolanum! La cena infine è stata ottima e nel ristorante neanche l’ombra di un turista, perfetto! Era quello che andavamo cercando. A real indian dining-out experience.
Oggi la dottoressa ha fatto finta di non sentire il racconto della cena, già si immaginava grandi bagordi, che per la verità non abbiamo fatto. In ogni caso la sua verifica sul polso ci dava ragione, eravamo perfetti, non si erano creati particolari squilibri.

Oggi è stato l’ultimo di tre giorni di Pishinchhali. Questa procedura è una terapia aggiuntiva al Panchakarma, molto popolare nell’India meridionale dove c’è è una predominanza di condizioni atmosferiche che aggravano Vata. Pishin si traduce con “spremere” e chhali con “movimento vigoroso”. Una grande quantità di olio viene spremuta sul corpo, mentre lo si massaggia vigorosamente con un “pacchettino” di tela rada pieno di sale grosso, foglie ed erbe mediche. Questa operazione spinge l’olio nei pori della pelle in modo che possa penetrare nei tessuti più profondi. Il trattamento è piacevole e nello stesso tempo rinvigorente. Il “pacchettino” viene intriso di olio bollente che sfrigola lì, ad un passo da me, in un piccolo wok. L’olio “fritto” sprigiona un profumo di frittella zuccherata che fa venire l’acquolina in bocca. Il calore serve ad allargare i pori della pelle, e quindi ad assorbire meglio le sostanze. Le ferite aperte sulle mie mani si stanno chiudendo. Da domani iniziamo la parte finale del Panchakarma: Rasayana, la terapia di ringiovanimento a base di erbe e minerali. Non vedo l’ora.

sabato 3 settembre 2011

Sedicesimo giorno

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No, no, non ci sono né mosche, né mosconi, ci sono solo io che dopo un kiwi e mezza pera per pranzo, mi faccio una bella pennichella.
Non riesco a tenere gli occhi aperti oggi, sono distrutta. Shivani mi ha messo KO senza pre-avvertirmi, mi ha suggerito solo caldamente di restare in albergo senza strapazzarmi, almeno per oggi. Chissà quale bizzarro intruglio mi avrà introdotto!
Stamattina c’è stata finalmente l’occasione di domandarle cosa “canta” prima di sentire il polso. Ha Sorriso. Mi ha spiegato che è un mantra, le serve per entrare in un profondo stato di concentrazione, necessario per avere la condizione mentale ideale per “ascoltare” le vibrazioni provenienti dal mio corpo. Lei col mantra ringrazia Dio di poter fare da tramite tra Lui e me e in questo modo poter essere utile, perché non è lei che mi cura, lei mi mette in condizione di poter ricevere l’aiuto più alto e il mio corpo reagirà di conseguenza, guarendo.
Ma è bellissimo, in India non è il medico l’onnipotente!
Davvero non smette di sorprendermi questo diverso approccio alla vita, forse in India riuscirei anch’io a credere in Dio.
Comunque so che quello che mi dice è vero. Ho sperimentato personalmente, facendo yoga ormai da tre anni, che ad esempio la vibrazione dell’OM è incredibilmente piacevole, pacifica i sensi, rilassa e ti mette nella condizione di iniziare gli esercizi con il dovuto stato mentale, ovvero dimenticando tutto ciò che ti affligge, ti circonda, ti preme, TUTTO. Alle prime lezioni di yoga, non pronunciavo l’OM insieme con gli altri, mi sembrava di “scimmiottare” qualche cosa di cui non capivo il senso, allora, semplicemente, ascoltavo in silenzio. Poi un giorno, chissà forse presa da quale entusiasmo ho emesso anch’io il magico suono per tre volte e - tripudio dei miei sensi - ho capito quanto era liberatorio.
Lo stesso è stato per un mantra che segue l’OM sempre all’inizio della lezione. E’ una canzone in Indi, anche parecchio lunga di cui non capivo né le parole, né il senso del ringraziamento in sé. “Che palle”, pensavo fra me e me nel momento della canzone. Mi piaceva fare yoga, ma tutte queste pratiche mistiche, esoteriche non facevano al caso mio! Sempre in silenzio ho passato più del solo primo anno ad ascoltare. Nel frattempo queste parole, senza che lo volessi sono entrate in me, e così mi ritrovavo magari a canticchiarle nel traffico. Poi, un giorno una strofa, un altro giorno l’altra, sussurrando per non sbagliare, ho cominciato a sentirne il gusto. Ed ecco che una delle prime mattine, qui a Delhi, nella stanza d’attesa del Dott. Mishra e della Dott.ssa Shivani, mi son messa a canticchiarla sottovoce per riportarne alla mente il sapore, senza rendermi conto che il Dottore – gran orecchio fino – riconosceva perfettamente la sua lingua. Nascosto, dietro la tenda ondulante, all’aria delle pale del ventilatore, si era fermato in ascolto. Mi dava le spalle, lo intravedevo. Ho chiuso gli occhi per non distrarmi e non perdere il filo, e l’ho conclusa, nonostante un leggero senso di imbarazzo. Il dottore, che sapeva di essere stato visto, mi si è seduto di fronte e ha cominciato a cantare la stessa canzone, con un altro ritmo. E’ stato un grande momento di condivisione e di vicinanza di spirito. Bello, bello, bello.
A quell’epoca, poi, il dottore era per me quasi uno sconosciuto, e benché lui dica di conoscermi molto bene, lui per me continua ancora oggi ad essere un’incognita e quando queste cose accadono tra estranei acquistano ancora più forza.

Le finestre della mia camera ogni pomeriggio sono spalancate. Mi piace sentire il calore entrare ed essere affettato dalle pale del ventilatore sopra la mia testa. Il rumore della città mi ha sempre dato un senso di tranquillità. Mi piace sentire che la vita si svolge lì fuori, proprio sotto di me. Mi piace ascoltare il campanello delle biciclette, i clacson delle auto che qui suonano in continuazione, anche quando non ce n’è bisogno. Mi piace riconoscere in lontananza una piccozza, un aereo che sorvola l’hotel. Mi sento parte di un mondo di cui sono al contempo spettatrice. Non mi sentirò mai sola in città. Sono fortunata che in questo albergo la finestra che da sulla strada si possa aprire. In realtà si può aprire tanto perché è rotta, probabilmente il fermo che avrebbe permesso il solo cambio d’aria è andato a farsi benedire ed io con un piccolo espediente riesco a tenerla aperta. Uso il cucchiaino della colazione ben posizionato tra la molla e il meccanismo di apertura e voilà, posso lasciare entrare il mondo.

E’ sera, i cani randagi fanno per davvero una gran cagnara, mentre gli altri rumori si sono placati. Accendo l’aria condizionata per evitare ai moschini una brutta fine. Qui gli animali sono sacri…
Gli ululati sono cessati all’improvviso e lampi a raffica, senza tuoni sembrano un neon che non si accende. Un altro rumore cresce e mi spinge ad alzarmi per andare alla finestra a vedere. Il monsone è arrivato! Il vento turbina, gli alberi si piegano in tutte le direzioni, l’acqua sale fino ai marciapiedi. Non c’è più anima viva in giro.
Le ombre delle foglie disegnano effetti mostruosi, se non fossi protetta da questo vetro, ne avrei paura. Ora se ne andata anche la luce. Dalla fessura del vetro entrano sprizzi d’acqua che mi sfiorano i piedi nudi e penso a quanto sia bello e potente lo spettacolo della natura.