Ieri, come cenerentola, sono rientrata nel tempo limite di mezzanotte per non mandare a ramengo la mia cura Panchakarma, che prevede assoluto riposo, assenza di tensione e stress, assenza di emozioni forti, come guardare film poliziesco in tv o leggere i quotidiani ecc...
Se seguissi alla lettera queste istruzioni, non dovrei proprio uscire dall'albergo, perché qui le emozioni rispetto a ciò che vedi, son molto più robuste di un film d'azione al quale siamo indiscutibilmente troppo abituati, quasi annoiati a volte.
Un thrilling di eccezionale portata ieri è stato un lungo spostamento da un luogo a un altro in Tuc Tuc.
Il Tuc Tuc è uno straordinario trabiccolo dalla forma di un'Ape Piaggio, senza portiere e senza vetri, dove si possono sistemare comodamente dieci indiani, ma solo due occidentali (gli standard di comfort sono decisamente diversi) e che viaggia alla velocità della luce, infilandosi in tutti gli interstizi liberi, nel traffico di una capitale all'ora di punta. Credendosi un motorino, il Tuc Tuc zigzaga a rotta di collo, con frenate improvvise, cambi di corsia e sorpassi audaci da moto GP. Il mio compagno d’avventura, e di vita, era impressionato forse anche più di me, che amo il rischio e adoro l’imprevisto, e si immaginava già i titoli sui giornali: “ Sopravvissuto alla Formula 1, muore tra le lamiere accartocciate di un Tuc Tuc in India…” “ Il Campione del Mondo di automobilismo MB, che per una vita ha superato i 300 km/h è deceduto ieri a Nuova Delhi sfracellandosi con un Tuc Tuc a 20 km/h contro un autobus della Tata…” . Haha abbiamo riso come dei matti: lui per scongiurare il disastro, io perché mi son divertita da morire.
La mia idea per festeggiare il mio compleanno, era andare in un tipico street market indiano a catturare immagini d’ogni sorta, a far provviste di olii profumati e poi seguire un po’ le situazioni così, come si fossero presentate…
La sua idea per il mio compleanno era individuare il quartiere o la zona più agiata di Delhi per vedere qual’era la differenza nello stile di vita e trovare un ristorante indiano d’alto livello per riscontrare le diversità o le analogie rispetto alla qualità del cibo che avevamo mangiato fino a quel momento.
A volte siamo davvero tanto diversi…
E’ andata a finire che siamo usciti dal nostro hotel tutti belli freschi, profumati e ben vestiti, per ritrovarci in un mega centro commerciale.
Avevamo seguito un’ipotesi: trovando il negozio di Luis Vuitton, avremmo individuato il quartiere “in” di Delhi.
Invece qui i pensieri non seguono il filo della logica occidentale, hanno tutt’altro orientamento…
Il centro commerciale era strepitoso in termini di ricchezza, perché comprendeva tutti i negozi di più alto prestigio e fama internazionali e per accedervi dovevi passare un security check point come quello negli aeroporti. Ma cosa ci facevamo lì, tra Armani, Versace, Tod’s, Prada e Louis Vuitton ???!!!
Ci aspettavamo di passeggiare allegramente in un quartiere, ma il quartiere non c’era. Fuori dal centro commerciale c’era la stessa india che avevamo visto fino a quel momento. Ed è stato lì, che presi da un po’ di sconforto, abbiamo deciso di rischiare la vita sul Tuc Tuc, e capovolgere le sorti della giornata. Con lo strepitoso mezzo di trasporto, siamo arrivati al più gettonato ristorante indiano. Ad accoglierci, all’esterno, c’erano due ragazzi con il trabiccolo di legno e il libro delle prenotazioni, all’americana. Era sabato sera e il ristorante era tutto esaurito. Siamo di nuovo scoppiati a ridere. Continuavamo a passare da un estremo ad un altro. La ragazza con un discreto inglese, questa volta, era molto dispiaciuta che alla nostra prima visita ci fosse capitata una situazione tanto incresciosa, ci ha suggerito di fare un giro e lei ci avrebbe chiamato non appena si fosse liberato un tavolo. Abbiamo fatto un giro di 30 minuti, poi non sentendola, siamo ritornati alla carica, ma niente, nessuna disponibilità. Però sembrava proprio un posto giusto e non volevamo arrenderci, così siamo rimasti lì fuori a chiacchierare e a guardare un mondo che si muoveva intorno a noi; un mondo certo diverso da quello che ruota intorno a Ennio Doris della Mediolanum! La cena infine è stata ottima e nel ristorante neanche l’ombra di un turista, perfetto! Era quello che andavamo cercando. A real indian dining-out experience.
Oggi la dottoressa ha fatto finta di non sentire il racconto della cena, già si immaginava grandi bagordi, che per la verità non abbiamo fatto. In ogni caso la sua verifica sul polso ci dava ragione, eravamo perfetti, non si erano creati particolari squilibri.
Oggi è stato l’ultimo di tre giorni di Pishinchhali. Questa procedura è una terapia aggiuntiva al Panchakarma, molto popolare nell’India meridionale dove c’è è una predominanza di condizioni atmosferiche che aggravano Vata. Pishin si traduce con “spremere” e chhali con “movimento vigoroso”. Una grande quantità di olio viene spremuta sul corpo, mentre lo si massaggia vigorosamente con un “pacchettino” di tela rada pieno di sale grosso, foglie ed erbe mediche. Questa operazione spinge l’olio nei pori della pelle in modo che possa penetrare nei tessuti più profondi. Il trattamento è piacevole e nello stesso tempo rinvigorente. Il “pacchettino” viene intriso di olio bollente che sfrigola lì, ad un passo da me, in un piccolo wok. L’olio “fritto” sprigiona un profumo di frittella zuccherata che fa venire l’acquolina in bocca. Il calore serve ad allargare i pori della pelle, e quindi ad assorbire meglio le sostanze. Le ferite aperte sulle mie mani si stanno chiudendo. Da domani iniziamo la parte finale del Panchakarma: Rasayana, la terapia di ringiovanimento a base di erbe e minerali. Non vedo l’ora.
:-)) divertente il Tuc Tuc vi immagino anzi immagino più mb visto che tu x milano con Smart Smart non ti muovi tanto diversamente :-D... buon viaggio
RispondiEliminaguido