lunedì 12 settembre 2011
venerdì 9 settembre 2011
Ventiduesimo e Ventitreesimo giorno
Tutto procede bene l’umore è alto nonostante il sole non risplenda! Siamo al terzo giorno di pioggia consecutivo. La prima volta che son tornata in albergo con il rickshaw, sotto l’acqua battente, mi è sembrato un azzardo, ma anche aspettare che smettesse non aveva alcun senso e allora… via, “ …che la nuova esperienza abbia inizio…” mi son detta, e sono arrivata bagnata fradicia e felice.
Sembra assurdo ma anche questo è piuttosto divertente, fa talmente caldo che anche la pioggia non da fastidio più di tanto e non vale solo per me, anzi. I bambini a piedi nudi e a torso nudo giocano e ballano sotto l’acqua, la gente cammina tranquilla e và dove deve andare senza fare una piega, i conduttori di rickshaw pedalano inzuppati, chi va in moto non si ferma, qualcuno si lava, col sapone.
Non si ferma nessuno, perché dovrei farlo io? Ero anche un po’ dispiaciuta per il ragazzo che mi viene a prendere e mi accompagna, in effetti non credevo di avere un’esigenza così urgente da non poter aspettare che smettesse di piovere, ma Shivani dall’alto della sua saggezza, mi ha spiegato che non debbo avere di questi scrupoli. In maggio e giugno si raggiungono picchi di caldo fino a 45/50 gradi sull’asfalto, sotto il sole, con un tasso di umidità altissimo. La vita si ferma? No. Quindi capisco che, bagnati di pioggia o di sudore, i ragazzi del rickshaw devono pedalare. Una cosa che appare molto chiara è che qui il perbenismo non esiste, il buonismo nemmeno. Qui si lotta tutti per la sopravvivenza. Sono molto pragmatici gli indiani. Ognuno conosce il suo ruolo e tutti stanno al loro posto, se uno fa un certo lavoro lo deve fare e basta, non ci si deve lamentare.
E con ciò torniamo al discorso delle caste che, anche se abolite, continuano ad essere uno strumento di controllo sociale, tuttora ancora molto potente e radicato. Secondo le dottrine induiste, la casta nella quale un individuo nasce è il risultato delle sue azioni in una vita precedente. In questa visione le ineguaglianze fra gli uomini sono quindi la conseguenza di azioni delle vite passate. Va da sé che non c’è nulla da fare in proposito se non accettare lo status quo, perché la casta non si può cambiare, se non in una vita futura, a patto che in quella attuale si siano rispettate correttamente e appieno tutte le regole imposte. E’ uno straordinario sistema per impedire la ribellione.
In realtà il buddhismo, il giainismo e il sikhismo hanno rappresentato e rappresentano ancora forme di ribellione al sistema delle caste. Anche all'interno dell'induismo vari personaggi vi si opposero nel corso dei secoli e furono per questo perseguitati e uccisi, fino a Gandi, che rinominò gli intoccabili, 'popolo di Dio'.
Gli intoccabili, sono addirittura “fuori casta” , essi sono gli infimi tra gli infimi per un indiano; sono detti intoccabili in quanto chi li sfiora, anche solo accidentalmente, deve immediatamente andare a purificarsi, e ad essi sono comunemente riservati lavori umili quali la pulizia delle strade o delle latrine. E qui in India non è come fare lo spazzino in Italia o negli Stati Uniti!
L’odore nauseabondo dei cassonetti rivoltati, già ispezionati da cani randagi, corvi e uccelli vari, ma anche da persone in cane ed ossa; bagnati dalla pioggia o riarsi dal sole, i mucchi di immondizia qui sono qualcosa che è davvero difficile da descrivere e forse da dimenticare. Comunque, nonostante le mie spiccate doti d’osservatrice del mondo che mi circonda, non ho ancora mai visto un topo, mentre a New York ne ho visti, e tanti anche, per non parlare delle incursioni notturne di scarafaggi, grossi, lunghi e veloci come razzi.
Comunque sia la pioggia oggi pomeriggio mi tiene in albergo, a riposare.
Il riposo per l’Ayurveda è un aspetto molto importante, che favorisce l’aumento di Sattva (vedi diciannovesimo giorno) nella mente. La fatica è la maggior responsabile della perdita di vitalità della mente. Non dico niente di nuovo, ognuno di noi sa quanto questo sia vero, eppure non ce ne preoccupiamo molto, le esigenze del nostro modo di vivere ci portano dritti dritti a dissipare energie preziose. Ma se fossimo in sintonia con i ritmi della natura, invece di resistere ad essi, quanto ci guadagneremmo? Perché anche in questo momento cerco di resistere al sonno, invece di abbandonarmi a tale propensione naturale? Quanta energia in più chiedo al mio organismo, invano?
La meditazione e il riposo fanno parte della nostra natura e creano in noi la quiete, questo permette al corpo e alla mente di liberarsi dallo stress e dalle tossine. Le innumerevoli richieste di tempo e attenzione tengono la nostra mente costantemente attiva e oltre a questo le influenze negative dell’ambiente creano ansia e confusione. La sovrabbondanza di stimoli confina la mente ad un livello superficiale, nel quale l’eccessiva dispersione e la chiusura impediscono di sperimentare le vaste risorse fisiche, mentali ed emotive, che sono nascoste dentro di noi. Le possibilità illimitate che esistono nei livelli più sottili della consapevolezza, rimangono accessibili solo a una mente calma e stabile.
La meditazione quindi al giorno d’oggi diventa più una necessità che un lusso o un compiacimento, entrambe interpretazioni errate di tale pratica, ma che fanno parte del pensiero comune di noi occidentali.
Meditate gente, meditate… diceva Renzo Arbore facendo la pubblicità della birra, forse senza sapere che era uno dei migliori consigli che potesse mai dare.
giovedì 8 settembre 2011
Ventesimo e Ventunesimo giorno
Non so come dirlo. Ho paura a scriverlo, ma lo sto pensando, è da stamattina che ci penso: io non voglio tornare a casa!
Potrei mai vivere qui?
Mi sembra un pensiero così assurdo. Com’è potuto saltarmi in mente?
Non so, ma mi sono così tanto affezionata a questa routine. Mi piace così tanto questa assenza di cose da fare e abbondanza di pensieri, che mi tiene una gran compagnia. Più tardi voglio andare al mercato, tempo permettendo. Ma non un mercato speciale, il big market Dwarka sector 10, quello qui, dietro l’angolo. Quel mercato così brutto che il primo giorno mi veniva da piangere all’idea di averlo come punto di riferimento. E oggi ci vado come se fosse il mio mercato. Ho i miei negozi fissi da curiosare, mi muovo placidamente, come un’autoctona. Mi avvicino alle bancarelle, guardo, tocco, chiacchiero, sorrido. Sono così a mio agio che riesco quasi a mimetizzarmi, a passare inosservata. Mannaggia se non fosse per questi capelli stracorti e biondi, l’altezza e la pelle bianca, sarei perfetta.
Hops! E’ andata via di nuovo la luce. Oggi è già la quarta volta. Ieri è stata via quasi tutto il giorno. Va via, ritorna è quasi bello, se fossi a Milano ne sarei stressata, ma qui no! Dov’ero rimasta? Aha! Sì, il mercato.
Oggi vado a svaligiare le “farmacie” che vendono i prodotti Ayurvedici. Ho trovato una linea: Biotique biologica, senza conservanti, dermatologicamente testata, organicamente pura, 100% estratti botanici provenienti dall’Himalaya. Sulle confezioni c’è addirittura scritto: “This is not a cosmetic product, it has therapeutic properties. “ – “questo non è un prodotto cosmetico, ha proprietà terapeutiche”, e la cosa più terapeutica di tutte è il prezzo: circa 3/4 euro al pezzo. Al costo di una nostra buona crema, comprando qui, sono a posto per tutto l’anno. A parte gli scherzi sono davvero degli ottimi prodotti, c’e né per tutti i gusti, detergenti senza sapone, esfolianti, tonici, contorno occhi, rivitalizzanti della pelle, creme nutritive, balsami per le labbra, shampoo, oli per il corpo, intensive treatment-age control, protettivi solari e sbiancanti per il viso… Bhè, almeno quest’ultimo non mi serve, son già superpallida! Prima di partire per l’India tra le varie cose ho scoperto anche di essere anemica.
Mentre scrivo guardo fuori dalla finestra della camera d’albergo. Sono al secondo piano e mi affaccio sulla strada principale. E’ un viale alberato in una zona residenziale, periferica, ma è vicino alla fermata della metropolitana, così c’è sempre un bel via vai. Un andirivieni che cattura la mia attenzione tutti i giorni da quando sono qui. Mi piace veder passare la gente e solo raramente qualcuno si accorge di me. Quando i nostri sguardi si incrociano nascono sempre una serie di interrogativi. Pochi secondi sospesi, e poi ogni domanda rimarrà senza risposta, e sarà subito dimenticata… eppure, anche se per un solo istante, io e la/lo sconosciuto siamo entrati in contatto. Se un poliziotto a seguito di un qualche grave fatto, dovesse chiedere al passante se ha notato qualcosa di strano, questo, riferirebbe di avermi visto!
Mi piace di più quando non si accorgono di me!
“Datemi una ruota e ci trasporterò il mondo… “ … Ah! No, era: “Datemi una leva e vi solleverò il mondo”, ma questo l’ha detto Archimede, qui in India devono aver interpretato la mia versione, quella della ruota. Qui su una ruota, su due ruote, su tre o quattro ruote gira davvero di tutto! Tra i più belli che ho visto in bicicletta ci sono i trasportatori di bombole del gas e i trasportatori di uova. Li vedo tutte le mattine quando vado alla clinica, ma mi scoccia talmente tanto chiedere al ragazzo del rickshaw di fermarsi, per poterne catturare un’immagine.
Al mercato ho fatto la solita ricarica del telefonino, vorrei che qualcuno mi vedesse: arrivo al negozietto, il conduttore non mi considera più di tanto, ha tanti avventori in quel momento, allora io mi appoggio al bancone, gli sfilo il grosso album che tiene davanti, lo rigiro dalla mia parte e lo compilo, inserisco il numero di telefono e il valore della ricarica. Poi glielo porgo insieme ai quattrini. Lui, che continua a far finta di niente, prende un suo cellulare, guarda il mio numero scritto nell’album, lo compone e din din , sul mio cellulare appare il messaggio di ricarica compiuta. Lui apre un cassetto e mi porge il resto. Non ci siamo sorrisi, ne scambiati una parola, né detti grazie o prego. Io mi allontano, vorrei proprio sapere se non sembro un’abituè ... Aah a proposito, non sono io maleducata, qui grazie e prego non si usano! Ora cerco degli asciugamani. Alla clinica ce ne vuole uno al giorno. Shivani mi ha consigliato di farli lavare in hotel, cosa che ho fatto, con il risultato che son tornati indietro umidi, unti, non profumati ma stirati da dio e impacchettati. Così è stato anche per le magliette e i pantaloni che ho fatto lavare. Chissà forse non hanno la lavatrice? Forse non hanno il detersivo?? Non saprei, di tintorie in giro per la strada non ne ho viste in effetti. Ho preferito comprare altri sette asciugamani, dovrei avercene fino alla fine, son stufa di fare il bucato in camera, col sapone di Marsiglia che mi sono portata da casa. E ora vado alla ricerca dei limoni, dei mango, della melagrana e dell’ acqua in bottiglia, poi sono a posto, mi riprendo un rickshaw e torno in albergo.
Shivani è stata molto carina oggi, mi ha chiamata questo pomeriggio per assicurarsi che questa sera prendessi acqua calda, limone spremuto con aggiunta di sale, un autentico rimedio, “sturalavandini”, perché sono tre giorni che senza l’aiuto del “Basti”, non vado in bagno. Mi ha consigliato di mangiare una melagrana prima di cena, e solo mezza cena, il che ha voluto dire una zuppetta di spinaci con annegati dei cubettini di formaggio fresco (palak paneer) e un pezzettino di “piadina”(tandori naan). Bhè non dovrebbe rimanermi niente sullo stomaco! Non so, mi sento felicemente più leggera del solito oggi. Avrò perso un chiletto? Che domanda fantastica… chi lo sa? Però lo spero proprio tanto. Anche la pelle sta finalmente migliorando. Oramai sono diversi giorni che mantengo l’equilibrio dei dosha.
Da tre giorni Shivani ha inserito un nuovo trattamento chiamato Lepam. La maggior parte delle erbe, spezie e piante utilizzate per la pasta Lepam hanno elevate proprietà anti-infiammatorie e analgesiche ed i liquidi contenuti in essa sono ottimi per il nutrimento dei tessuti. La mistura fangosa viene spalmata su tutto il corpo e lasciata sulla pelle per una mezz'ora abbondante. Contemporaneamente viene eseguito un altro nuovo trattamento in abbinamento al Lepam. Il Facepack è una maschera facciale a base di poltiglia di frutta che viene lasciata riposare sul viso per lo stesso tempo del Lepam. Le proprietà sono antirughe, antistress, calmante, tonificante e rinfrescante. Un vero toccasana, peccato per l’odore un po’ acido un po’ acre, ma qui agli odori è meglio abituarsi.
martedì 6 settembre 2011
Diciannovesimo giorno
Stamattina nonostante tutto mi sono un po’ arrabbiata, non proprio arrabbiata, sono rimasta delusa per una cosa che sapevo già,, ma che continuo a non volerla accettare.
Il ragazzo del rickshawnon è arrivato. L’appuntamento era alle 9.30, l’ho aspettato fino alle 9.50 e poi mi sono
decisa a fermarne uno qualsiasi, per farlo
correre alla clinica.
Il ragazzo designato è stato “assoldato” dal dott. Mishra al mio arrivo per venirmi a prendere all’hotel, portarmi alla clinica e ritorno, tutti i giorni. Sarebbe stato difficile fare diversamente visto che la clinica non ha un indirizzo. Qui non ci sono i nomi delle strade, masoprattutto i ragazzi che pedalano non parlano inglese, e a volte non sanno neanche leggere. Insomma dopo diciotto giorni che lo vedevo, mi ero quasi affezionata a questo tipo. E’ capitato che dei giorni tenesse acceso il cellulare per ascoltaremusica mentre pedalava e a me piaceva essere accompagnata da queste nuove melodie, mentre mi guardavo intorno nel tragitto. A volte arrivava tutto sudato e pedalava come una tartaruga, a volte è venuto ben vestito, con i pantaloni lunghi neri e camicia nera, tutto profumato. A volte sorridente, a volte sulle sue. Le parole non sono necessarie a creare un qualcosa tra le persone che si osservano quotidianamente. A volte è proprio questo il bello, farsi domande, immaginarsi risposte e storie e trovare solo col tempo conferme o meno. E così, giorno dopo giorno, l’ho quasi percepito “amico” e avevo la balzana idea che anche lui provasse quello che provo io. Macché, lui faceva la sua vita e io ero una come un’altra, solo una fonte di guadagno. Tanto è vero che dopo la prima settimana, filata liscia come l’olio, ha cominciato a farmi qualche richiesta “extra”.
Il ragazzo del rickshawnon è arrivato. L’appuntamento era alle 9.30, l’ho aspettato fino alle 9.50 e poi mi sono
decisa a fermarne uno qualsiasi, per farlo
correre alla clinica.
Il ragazzo designato è stato “assoldato” dal dott. Mishra al mio arrivo per venirmi a prendere all’hotel, portarmi alla clinica e ritorno, tutti i giorni. Sarebbe stato difficile fare diversamente visto che la clinica non ha un indirizzo. Qui non ci sono i nomi delle strade, masoprattutto i ragazzi che pedalano non parlano inglese, e a volte non sanno neanche leggere. Insomma dopo diciotto giorni che lo vedevo, mi ero quasi affezionata a questo tipo. E’ capitato che dei giorni tenesse acceso il cellulare per ascoltaremusica mentre pedalava e a me piaceva essere accompagnata da queste nuove melodie, mentre mi guardavo intorno nel tragitto. A volte arrivava tutto sudato e pedalava come una tartaruga, a volte è venuto ben vestito, con i pantaloni lunghi neri e camicia nera, tutto profumato. A volte sorridente, a volte sulle sue. Le parole non sono necessarie a creare un qualcosa tra le persone che si osservano quotidianamente. A volte è proprio questo il bello, farsi domande, immaginarsi risposte e storie e trovare solo col tempo conferme o meno. E così, giorno dopo giorno, l’ho quasi percepito “amico” e avevo la balzana idea che anche lui provasse quello che provo io. Macché, lui faceva la sua vita e io ero una come un’altra, solo una fonte di guadagno. Tanto è vero che dopo la prima settimana, filata liscia come l’olio, ha cominciato a farmi qualche richiesta “extra”.
Un giorno mi ha fatto vedere che aveva un taglietto sul ginocchio che gli stava facendo infezione. C’era un po’ di pus attorno, ma probabilmente perché si era guardato bene dal disinfettarsi. Comunque sto taglietto è stata l’occasione per chiedermi, con una scusa assurda, un anticipo sul pagamento dei cinque giorni successivi. Mi ha detto con una parola in inglese e dieci in indi, che voleva andare da un medico, ma questo avrebbe voluto dei soldi che lui non aveva. La sua richiesta era un po’ sfacciata, ma onesta, era solo un anticipo. Però cinque giorni senza paga non passano così velocemente, così al quinto giorno ha fatto il muso duro, mi ha fatto segno che era da un po’che non lo pagavo, diceva che erano sette giorni e non cinque e insisteva. Io che ero curiosa di sapere se avesse tenuto un buon conto dei giorni, sono stata molto attenta a non sbagliarmi, e la conferma di voler fare un po’ il furbetto, purtroppo me l’ha data. Passati due giorni tranquilli dopo questo episodio, al terzo giorno si è fermato durante il tragitto del ritorno, per dirmi che sua moglie aveva la febbre alta, aveva 103! Poi ha ripreso a pedalare, non sentendo niente da me, si è rifermato, per farmi capire che era molto preoccupato, dato che lei è incinta di tre mesi. Io ho ascoltato con interesse il racconto, cercando di immaginare dove volesse andare a parare. Ma è chiaro!!! Sempre lì!
In ospedale gli avevano chiesto duemila rupie per curare la moglie, voleva sapere se potevo dargli un contributo di cinquecento. ”Ma certo”… ho pensato mentre facevo un’espressione pensierosa e dispiaciuta. “Non importa se mi stai raccontando una balla grande come una casa… lo posso fare. Te lo do volentieri questo contributo”. E così è stato. Poi per altri tre giorni nessun problema. Al quarto giorno mi ha fatto uno squillo sul cellulare alle 9.50. L’ho richiamato, mi ha detto che aveva la febbre e non sarebbe venuto a prendermi. Poi altri due giorni buoni e ieri che pioveva a dirotto ha spiegato che quel giorno sarebbe rimasto a casa a letto tutto il pomeriggio, poi ha richiesto un piccolo extra per farsi una bevuta. Stavolta non ho acconsentito, anche perché la dott.ssa Shivani mi ha caldamente suggerito di non assecondarlo, ma non mi era ben chiaro il motivo. Comunque, niente mancia per quel giorno, l’avrebbe avuta solo alla fine del mio soggiorno, come premio. E poi stamane, mi è parso proprio per dispetto, alle 9.50 non era ancora arrivato, quel testa di manzo!
Avevo addosso una gran rabbia per tutto, ma era una rabbia che contemplava anche il dispiacere. Era un bel “deal” per lui, 28 giorni di paga assicurata con extra mance, già prese e da prendere! E per me, che non dovevo indicare a segni, ogni volta, la strada e contrattare sul prezzo della corsa.
“Di quello che non c’è, si può sempre fare a meno” gran saggio proverbio popolare! Ho alzato un braccio e un nuovo rickshaw si è fermato ai miei piedi. Che tristezza…
“A fare del bene a un asino si prendono sempre dei gran calci”… o qualcosa del genere, menomale che i vecchi proverbi mi danno un po’ di conforto, mentre arrivo da Shivani. Lei è pronta a chiamarlo e fargli una bella lavata di testa. La fermo. Non desidero rimettere insieme i pezzi, mi è capitato già tante volte in ambiti differenti, si intende, ma i dati di fatto parlano chiaro e la forza sta nell’accettare le cose come stanno, non ne voglio più di nodi, nei fili spezzati.
Queste considerazioni mi portano a valutare il cambiamento. Il cambiamento per me è sempre qualcosa di positivo. Una storia si chiude e una nuova storia comincia. Anche se chiudere le cose può essere estremamente difficile a volte o doloroso, le storie, le situazioni, le idee i progetti, tutto nella vita, ha un inizio, uno svolgimento e deve avere una fine: Sattva, Rajas e Tamas
L’Ayurveda c’era arrivata già 5000 anni fa. E’ molto interessante, tutti i fenomeni nell’universo sono sottoposti all’influenza di tre fasi primarie chiamate i tre Guna (Sattva, Rajas e Tamas). Sattva corrisponde alla nascita di qualcosa, pensiamo ad esempio ad un progetto per una nuova casa, Sattva è il desiderio di una nuova casa, implica la capacità di creare, pensare, immaginare; poi arriva Rajas che genera azione, iniziativa, motivazione, e ci permette quindi di rendere il progetto possibile, attraverso ad esempio, disegni tecnici precisi fin nel più piccolo dettaglio; ma è solo con l’arrivo di Tamas che le cose giungono alla loro conclusione. Per completare la casa, il pensiero creativo di Sattva e l’attività costruttiva di Rajas a un certo punto devono arrivare al termine: questa è la funzione di Tamas. Se il committente continua a manifestare la sua creatività con aggiunte al progetto, o il costruttore continua a costruire, la casa non sarà mai completata. Senza l’orchestrazione ben coordinata dei tre Guna le cose non accadono.
I tre Guna si trovano in ogni aspetto dell'esistenza: nella natura e nella vita così come in tutti gli stati di coscienza. Così, quando prevale Sattva la coscienza umana è caratterizzata da uno stato di serenità e chiarezza mentale; quando Rajas è predominante, la coscienza diviene attiva, dinamica, volitiva e piena di energia; quando invece prevale Tamas la coscienza è inerte, immersa nell'apatia e nel torpore.
Così, gli individui tamasici (il pigro e l'inerte) esitano ad essere attivi, temendo di stancarsi o di fallire; gli individui rajasici (emotivi e passionali) si tuffano a capofitto nell'azione cercando risultati immediati, e rimangono delusi quando questi non arrivano come si aspettavano; mentre gli individui sattvici (le persone dotate di equilibrio mentale) sono attivi, considerando l'azione il loro dovere; il successo e il fallimento non disturbano la loro equanimità, poiché essi lasciano a Dio i frutti dei loro sforzi, consapevoli di essere solo strumenti nelle Sue mani.
In questo momento desidero tanto l’arrivo di Tamas nel mio stato mentale, che mi permetterebbe di trovare il bandolo della matassa e dare una conclusione a questo mio vagare tra i pensieri (Sattva) scrivendoli (Rajas).
Sì, lo sperimento e funziona. Tutto è governato da queste tre azioni, è straordinario.
E questo è il Panchakarma, una serie di azioni volte a riequilibrare l’organismo al fine di sperimentare appieno le potenzialità della vita, quando tutto è in equilibrio i pensieri sono chiari, limpidi, evidenti, la mente è sgombra da pensieri negativi e l’azione è proficua. Non so realmente se il corpo stia migliorando, ma se questo non stà ancora avvenendo è solo una questione di tempo. La mente governa!
I tre Guna si trovano in ogni aspetto dell'esistenza: nella natura e nella vita così come in tutti gli stati di coscienza. Così, quando prevale Sattva la coscienza umana è caratterizzata da uno stato di serenità e chiarezza mentale; quando Rajas è predominante, la coscienza diviene attiva, dinamica, volitiva e piena di energia; quando invece prevale Tamas la coscienza è inerte, immersa nell'apatia e nel torpore.
Così, gli individui tamasici (il pigro e l'inerte) esitano ad essere attivi, temendo di stancarsi o di fallire; gli individui rajasici (emotivi e passionali) si tuffano a capofitto nell'azione cercando risultati immediati, e rimangono delusi quando questi non arrivano come si aspettavano; mentre gli individui sattvici (le persone dotate di equilibrio mentale) sono attivi, considerando l'azione il loro dovere; il successo e il fallimento non disturbano la loro equanimità, poiché essi lasciano a Dio i frutti dei loro sforzi, consapevoli di essere solo strumenti nelle Sue mani.
In questo momento desidero tanto l’arrivo di Tamas nel mio stato mentale, che mi permetterebbe di trovare il bandolo della matassa e dare una conclusione a questo mio vagare tra i pensieri (Sattva) scrivendoli (Rajas).
Sì, lo sperimento e funziona. Tutto è governato da queste tre azioni, è straordinario.
E questo è il Panchakarma, una serie di azioni volte a riequilibrare l’organismo al fine di sperimentare appieno le potenzialità della vita, quando tutto è in equilibrio i pensieri sono chiari, limpidi, evidenti, la mente è sgombra da pensieri negativi e l’azione è proficua. Non so realmente se il corpo stia migliorando, ma se questo non stà ancora avvenendo è solo una questione di tempo. La mente governa!
lunedì 5 settembre 2011
Diciassettesimo e Diciottesimo giorno
Ieri, come cenerentola, sono rientrata nel tempo limite di mezzanotte per non mandare a ramengo la mia cura Panchakarma, che prevede assoluto riposo, assenza di tensione e stress, assenza di emozioni forti, come guardare film poliziesco in tv o leggere i quotidiani ecc...
Se seguissi alla lettera queste istruzioni, non dovrei proprio uscire dall'albergo, perché qui le emozioni rispetto a ciò che vedi, son molto più robuste di un film d'azione al quale siamo indiscutibilmente troppo abituati, quasi annoiati a volte.
Un thrilling di eccezionale portata ieri è stato un lungo spostamento da un luogo a un altro in Tuc Tuc.
Il Tuc Tuc è uno straordinario trabiccolo dalla forma di un'Ape Piaggio, senza portiere e senza vetri, dove si possono sistemare comodamente dieci indiani, ma solo due occidentali (gli standard di comfort sono decisamente diversi) e che viaggia alla velocità della luce, infilandosi in tutti gli interstizi liberi, nel traffico di una capitale all'ora di punta. Credendosi un motorino, il Tuc Tuc zigzaga a rotta di collo, con frenate improvvise, cambi di corsia e sorpassi audaci da moto GP. Il mio compagno d’avventura, e di vita, era impressionato forse anche più di me, che amo il rischio e adoro l’imprevisto, e si immaginava già i titoli sui giornali: “ Sopravvissuto alla Formula 1, muore tra le lamiere accartocciate di un Tuc Tuc in India…” “ Il Campione del Mondo di automobilismo MB, che per una vita ha superato i 300 km/h è deceduto ieri a Nuova Delhi sfracellandosi con un Tuc Tuc a 20 km/h contro un autobus della Tata…” . Haha abbiamo riso come dei matti: lui per scongiurare il disastro, io perché mi son divertita da morire.
La mia idea per festeggiare il mio compleanno, era andare in un tipico street market indiano a catturare immagini d’ogni sorta, a far provviste di olii profumati e poi seguire un po’ le situazioni così, come si fossero presentate…
La sua idea per il mio compleanno era individuare il quartiere o la zona più agiata di Delhi per vedere qual’era la differenza nello stile di vita e trovare un ristorante indiano d’alto livello per riscontrare le diversità o le analogie rispetto alla qualità del cibo che avevamo mangiato fino a quel momento.
A volte siamo davvero tanto diversi…
E’ andata a finire che siamo usciti dal nostro hotel tutti belli freschi, profumati e ben vestiti, per ritrovarci in un mega centro commerciale.
Avevamo seguito un’ipotesi: trovando il negozio di Luis Vuitton, avremmo individuato il quartiere “in” di Delhi.
Invece qui i pensieri non seguono il filo della logica occidentale, hanno tutt’altro orientamento…
Il centro commerciale era strepitoso in termini di ricchezza, perché comprendeva tutti i negozi di più alto prestigio e fama internazionali e per accedervi dovevi passare un security check point come quello negli aeroporti. Ma cosa ci facevamo lì, tra Armani, Versace, Tod’s, Prada e Louis Vuitton ???!!!
Ci aspettavamo di passeggiare allegramente in un quartiere, ma il quartiere non c’era. Fuori dal centro commerciale c’era la stessa india che avevamo visto fino a quel momento. Ed è stato lì, che presi da un po’ di sconforto, abbiamo deciso di rischiare la vita sul Tuc Tuc, e capovolgere le sorti della giornata. Con lo strepitoso mezzo di trasporto, siamo arrivati al più gettonato ristorante indiano. Ad accoglierci, all’esterno, c’erano due ragazzi con il trabiccolo di legno e il libro delle prenotazioni, all’americana. Era sabato sera e il ristorante era tutto esaurito. Siamo di nuovo scoppiati a ridere. Continuavamo a passare da un estremo ad un altro. La ragazza con un discreto inglese, questa volta, era molto dispiaciuta che alla nostra prima visita ci fosse capitata una situazione tanto incresciosa, ci ha suggerito di fare un giro e lei ci avrebbe chiamato non appena si fosse liberato un tavolo. Abbiamo fatto un giro di 30 minuti, poi non sentendola, siamo ritornati alla carica, ma niente, nessuna disponibilità. Però sembrava proprio un posto giusto e non volevamo arrenderci, così siamo rimasti lì fuori a chiacchierare e a guardare un mondo che si muoveva intorno a noi; un mondo certo diverso da quello che ruota intorno a Ennio Doris della Mediolanum! La cena infine è stata ottima e nel ristorante neanche l’ombra di un turista, perfetto! Era quello che andavamo cercando. A real indian dining-out experience.
Oggi la dottoressa ha fatto finta di non sentire il racconto della cena, già si immaginava grandi bagordi, che per la verità non abbiamo fatto. In ogni caso la sua verifica sul polso ci dava ragione, eravamo perfetti, non si erano creati particolari squilibri.
Oggi è stato l’ultimo di tre giorni di Pishinchhali. Questa procedura è una terapia aggiuntiva al Panchakarma, molto popolare nell’India meridionale dove c’è è una predominanza di condizioni atmosferiche che aggravano Vata. Pishin si traduce con “spremere” e chhali con “movimento vigoroso”. Una grande quantità di olio viene spremuta sul corpo, mentre lo si massaggia vigorosamente con un “pacchettino” di tela rada pieno di sale grosso, foglie ed erbe mediche. Questa operazione spinge l’olio nei pori della pelle in modo che possa penetrare nei tessuti più profondi. Il trattamento è piacevole e nello stesso tempo rinvigorente. Il “pacchettino” viene intriso di olio bollente che sfrigola lì, ad un passo da me, in un piccolo wok. L’olio “fritto” sprigiona un profumo di frittella zuccherata che fa venire l’acquolina in bocca. Il calore serve ad allargare i pori della pelle, e quindi ad assorbire meglio le sostanze. Le ferite aperte sulle mie mani si stanno chiudendo. Da domani iniziamo la parte finale del Panchakarma: Rasayana, la terapia di ringiovanimento a base di erbe e minerali. Non vedo l’ora.
sabato 3 settembre 2011
Sedicesimo giorno
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No, no, non ci sono né mosche, né mosconi, ci sono solo io che dopo un kiwi e mezza pera per pranzo, mi faccio una bella pennichella.
Non riesco a tenere gli occhi aperti oggi, sono distrutta. Shivani mi ha messo KO senza pre-avvertirmi, mi ha suggerito solo caldamente di restare in albergo senza strapazzarmi, almeno per oggi. Chissà quale bizzarro intruglio mi avrà introdotto!
Stamattina c’è stata finalmente l’occasione di domandarle cosa “canta” prima di sentire il polso. Ha Sorriso. Mi ha spiegato che è un mantra, le serve per entrare in un profondo stato di concentrazione, necessario per avere la condizione mentale ideale per “ascoltare” le vibrazioni provenienti dal mio corpo. Lei col mantra ringrazia Dio di poter fare da tramite tra Lui e me e in questo modo poter essere utile, perché non è lei che mi cura, lei mi mette in condizione di poter ricevere l’aiuto più alto e il mio corpo reagirà di conseguenza, guarendo.
Ma è bellissimo, in India non è il medico l’onnipotente!
Davvero non smette di sorprendermi questo diverso approccio alla vita, forse in India riuscirei anch’io a credere in Dio.
Comunque so che quello che mi dice è vero. Ho sperimentato personalmente, facendo yoga ormai da tre anni, che ad esempio la vibrazione dell’OM è incredibilmente piacevole, pacifica i sensi, rilassa e ti mette nella condizione di iniziare gli esercizi con il dovuto stato mentale, ovvero dimenticando tutto ciò che ti affligge, ti circonda, ti preme, TUTTO. Alle prime lezioni di yoga, non pronunciavo l’OM insieme con gli altri, mi sembrava di “scimmiottare” qualche cosa di cui non capivo il senso, allora, semplicemente, ascoltavo in silenzio. Poi un giorno, chissà forse presa da quale entusiasmo ho emesso anch’io il magico suono per tre volte e - tripudio dei miei sensi - ho capito quanto era liberatorio.
Lo stesso è stato per un mantra che segue l’OM sempre all’inizio della lezione. E’ una canzone in Indi, anche parecchio lunga di cui non capivo né le parole, né il senso del ringraziamento in sé. “Che palle”, pensavo fra me e me nel momento della canzone. Mi piaceva fare yoga, ma tutte queste pratiche mistiche, esoteriche non facevano al caso mio! Sempre in silenzio ho passato più del solo primo anno ad ascoltare. Nel frattempo queste parole, senza che lo volessi sono entrate in me, e così mi ritrovavo magari a canticchiarle nel traffico. Poi, un giorno una strofa, un altro giorno l’altra, sussurrando per non sbagliare, ho cominciato a sentirne il gusto. Ed ecco che una delle prime mattine, qui a Delhi, nella stanza d’attesa del Dott. Mishra e della Dott.ssa Shivani, mi son messa a canticchiarla sottovoce per riportarne alla mente il sapore, senza rendermi conto che il Dottore – gran orecchio fino – riconosceva perfettamente la sua lingua. Nascosto, dietro la tenda ondulante, all’aria delle pale del ventilatore, si era fermato in ascolto. Mi dava le spalle, lo intravedevo. Ho chiuso gli occhi per non distrarmi e non perdere il filo, e l’ho conclusa, nonostante un leggero senso di imbarazzo. Il dottore, che sapeva di essere stato visto, mi si è seduto di fronte e ha cominciato a cantare la stessa canzone, con un altro ritmo. E’ stato un grande momento di condivisione e di vicinanza di spirito. Bello, bello, bello.
A quell’epoca, poi, il dottore era per me quasi uno sconosciuto, e benché lui dica di conoscermi molto bene, lui per me continua ancora oggi ad essere un’incognita e quando queste cose accadono tra estranei acquistano ancora più forza.
Le finestre della mia camera ogni pomeriggio sono spalancate. Mi piace sentire il calore entrare ed essere affettato dalle pale del ventilatore sopra la mia testa. Il rumore della città mi ha sempre dato un senso di tranquillità. Mi piace sentire che la vita si svolge lì fuori, proprio sotto di me. Mi piace ascoltare il campanello delle biciclette, i clacson delle auto che qui suonano in continuazione, anche quando non ce n’è bisogno. Mi piace riconoscere in lontananza una piccozza, un aereo che sorvola l’hotel. Mi sento parte di un mondo di cui sono al contempo spettatrice. Non mi sentirò mai sola in città. Sono fortunata che in questo albergo la finestra che da sulla strada si possa aprire. In realtà si può aprire tanto perché è rotta, probabilmente il fermo che avrebbe permesso il solo cambio d’aria è andato a farsi benedire ed io con un piccolo espediente riesco a tenerla aperta. Uso il cucchiaino della colazione ben posizionato tra la molla e il meccanismo di apertura e voilà, posso lasciare entrare il mondo.
E’ sera, i cani randagi fanno per davvero una gran cagnara, mentre gli altri rumori si sono placati. Accendo l’aria condizionata per evitare ai moschini una brutta fine. Qui gli animali sono sacri…
Gli ululati sono cessati all’improvviso e lampi a raffica, senza tuoni sembrano un neon che non si accende. Un altro rumore cresce e mi spinge ad alzarmi per andare alla finestra a vedere. Il monsone è arrivato! Il vento turbina, gli alberi si piegano in tutte le direzioni, l’acqua sale fino ai marciapiedi. Non c’è più anima viva in giro.
Le ombre delle foglie disegnano effetti mostruosi, se non fossi protetta da questo vetro, ne avrei paura. Ora se ne andata anche la luce. Dalla fessura del vetro entrano sprizzi d’acqua che mi sfiorano i piedi nudi e penso a quanto sia bello e potente lo spettacolo della natura.
venerdì 2 settembre 2011
Quindicesimo giorno
Stamane ho passato la visita col dottor Mishra, a pieni voti. Il padre di Shivani si è congratulato molto con me, mi ha abbracciato, non stava in sé dalla contentezza, ed è strano vedere questo tipo di reazione in un indiano. Un indiano non abbraccia una donna in pubblico, non so neanche se la può toccare, per la verità.
La contentezza derivava dal fatto che finalmente ho raggiunto lo stato di equilibrio dei tre dosha: Vata, Pitta e Kapha.
L'Ayurveda si basa sulla concezione, secondo la quale l'uomo è un microcosmo che possiede al proprio interno le stesse caratteristiche che regolano l'universo, essendo anch'esso composto dei medesimi cinque elementi (Aria, Acqua, Fuoco, Terra e Spazio) che compongono il macrocosmo.
Questi elementi si manifestano nel corpo umano combinandosi secondo tre principi biologici di base chiamati appunto Dosha.
L'andamento equilibrato di tutte le funzioni corporee porta a uno stato di totale appagamento dei sensi, della mente e dell'anima.
E questa dovrebbe essere la normale esperienza della vita, ma in verita la vita moderna è più una lotta che una esperienza di beatitudine.
Quando sono arrivata il dottore mi aveva fatto una diagnosi ascoltando le pulsazioni nel polso, ma non aveva potuto riconoscere il mio tipo di costituzione per via del grande squilibrio dei tre Dosha. Oggi sono felice di sapere che sono VATA-PITTA ovvero ho le caratteristiche di entrambe i dosha, con una leggera prevalenza di Vata.
Per esempio, una persona con costituzione Vata rifletterà le qualità dell'aria che predomina in questo dosha: di solito è alta e magra, (MAGRA! lo dovrei essere per natura, devo essere davvero totalmente squilibrata).
Psicologicamente i tipi vata sono dotati di grande creatività e particolare predisposizione alle attività artistiche. Per la loro natura instabile diventano a volte nervosi, timorosi e spesso sono afflitti da molte ansietà anche se non esistono problemi reali. Veloci ad apprendere ma altrettanto veloci a dimenticare. Scarsa forza di volontà, poca tolleranza e fiducia in sé stessi. con pelle secca, voce bassa, appetito variabile e amore per i viaggi.
Mentre le qualità psicologiche predominanti di Pitta sono: grande intelligenza, buona capacità di comprensione e discriminazione. Portati naturalmente al comando hanno un forte spirito competitivo, sono ambiziosi, amano la prosperità, gli agi, le cose lussuose che esibiscono con piacere. Avendo una natura focosa, quando sono messi sotto pressione, tendono a essere aggressivi, critici, polemici e possono anche essere distruttivi.
Insomma secondo queste caratteristiche, nelle quali mi riconosco, dovrei essere un portento, invece sono davvero afflitta da mille dubbi e difficilmente mi godo i successi.
Insomma secondo queste caratteristiche, nelle quali mi riconosco, dovrei essere un portento, invece sono davvero afflitta da mille dubbi e difficilmente mi godo i successi.
Tutto questo ambaradam viene determinato dall'ascolto del polso ed è una cosa incredibile, sembra una seduta dal Mago Telma, invece è frutto di una conoscenza che si tramanda da 5000 anni. No, non ho sbagliato a scrivere, i primi testi della "scienza della vita" o "conoscenza della vita" si datano 3000 anni prima di Cristo. E io mi stupisco se Shivani senza chiedermi niente, sa chi sono da dove vengo, ma soprattutto sa meglio di me dove devo andare!
Per il momento è molto meglio che io vada a dormire, dato che la mia produzione letteraria sta diventando un pochino sterile. In effetti oggi non mi ha fatto il trattamento shirodara, per aprire la mente e chiarificare il pensiero, ma mi ha fatto un trattamento con dei pacchettini di tela contenenti foglie ed erbe medicate e sale in cristalli, "pucciati" in un wok di olio bollente sfrigolante. Un trattamento molto piacevole per mitigare i miei problemi di pelle, un trattamento efficace, devo dire, noto già un miglioramento!
giovedì 1 settembre 2011
Quattordicesimo giorno
Oggi siamo al giro di boa, quattordici giorni sono trascorsi e quattordici ancora davanti. Come mi sento? Mi sento come non mi sentivo da tantissimo tempo: viva.
Negli ultimi anni portavo alla mente il ricordo di come sono stata da ragazza, della vitalità che avevo, dei desideri e dell'energia che ci mettevo per raggiungerli, ma soprattutto ricordo la lucidità di intenti: non avevo dubbi sulla direzione da prendere ad ogni bivio, e la vita mi sorrideva.
Non avevo la più pallida idea, non ritrovandomi più somigliante a quella ragazza, che questo dipendeva dall'"intasamento" fisico che avevo raggiunto. Tolto il "tappo", sono tornata! E' tutto dannatamente così semplice ed elementare. Puliti dentro e belli fuori peccato che i nostri pubblicitari abbiano usato uno dei fondamenti della vita per raccomandare "la rocchetta" e ora, noi, al sentire lo slogan, non riusciamo più ad attribuire il vero significato a queste parole.
Shivani oggi mi ha elargito un'altra sua perla di saggezza, la ragazza ci sa fare per avere solo 24 anni! Mi ha ricordato che lei mi può mettere sulla strada, e spesso questo è necessario, ma solo io devo percorrerla. Sta a me, lei tra altri quattordici giorni continuerà la sua vita come quattrodici giorni fa, ma io allora avrò gli elementi e la forza per cambiare le cose.
Il pensiero positivo è già in me, forse è anche una delle poche caratteristiche che non mi ha mai abbandonato, ma questo stato di benessere interiore, è una spinta, una forza incredibile, che devo, che voglio cercare di non perdere.
Nell’Ayurveda la bellezza interiore e quella esteriore sono intimamente connesse. Più abbiamo cura di noi stessi, più diventiamo radiosi fisicamente ed espressivamente. Secondo i canoni di bellezza orientali si possono considerare tre aspetti di bellezza: uno esteriore, uno interiore e uno segreto. Quando gli aspetti esteriore ed interiore sono in equilibrio, viene soddisfatto l’aspetto segreto.
Nell’aspetto esteriore l’Ayurveda considera, oltre alla "forma" del corpo, la tessitura della pelle e dei capelli, la grazia delle posizioni e dei movimenti del corpo e le qualità sottili di freschezza, vitalità e luminosità magnetica della persona.
La bellezza interiore invece è in relazione alle qualità interiori, inclusi gli stati emotivi e l’abilità della mente.
Infine l’aspetto segreto della bellezza si riferisce all’energia, alla conoscenza e all'aspirazione di un individuo di manifestare all’esterno una bellezza profonda e permanente.
La bellezza interiore invece è in relazione alle qualità interiori, inclusi gli stati emotivi e l’abilità della mente.
Infine l’aspetto segreto della bellezza si riferisce all’energia, alla conoscenza e all'aspirazione di un individuo di manifestare all’esterno una bellezza profonda e permanente.
Ricapitolando, la bellezza non è un fattore puramente estetico, percepito solo alla vista, ma è l’espressione del meglio di sé e si ottiene attraverso tre fattori: la corretta cura estetica, la profonda accettazione di se stessi, le giuste strategie di vita. Il “carisma segreto” è un obiettivo importante da raggiungere e mantenere.
In me oltre alla nuova vitalità interiore, alla ricchezza di pensieri, alla lucidità di idee, comincia a vedersi anche qualche piccolo cambiamento a livello fisico. I capelli sono morbidi, splendidi, lucenti, come i capelli dei bambini. Quando sono arrivata in India ne perdevo a mazzi, oggi non ne perdo uno a strapparlo! Le unghie sono brillanti e lucide come se avessi lo smalto trasparente. L'ansia da cibo si è placata, l'appetito c'è ma son sazia con molto poco, a pranzo uno o due frutti mi gratificano davvero e le tisane calde hanno un gusto speciale. Sulla pelle, mio principale problema, c'è ancora da lavorare, purtroppo! In alcune zone comunque è piacevolmente vellutata. Lo stomaco è più sgonfio, ma credo possa migliorare ancora.
Insomma non mi sento ancora una bellezza, ma qualche miglioramento si intravede. Comunque lo stato mentale resta impagabile.
Oggi il mio fidanzato mi ha raggiunto qui e quando mi ha vista e mi ha sentita parlare, mi ha detto con un tono piacevolmente sorpreso: ".. ma tu stai bene!"
Non so se fosse sorpreso che stessi bene in India, o se fosse sorpreso di ritrovarmi diversa, in qualche modo migliore.
Non ho domandato, non ha importanza, se l'una o l'altra cosa, ha visto una differenza che non si aspettava. Ha visto qualcosa e io so cosa.
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